di Sabrina Mechella
Una piazza San Lorenzo così gremita di gente non si era mai vista. Erano tutti lì, ieri sera, per ascoltare Fiorella Mannoia che, in piena tournée, è venuta a Viterbo per partecipare a Caffeina Festival. «Inspiegabilmente è nostra amica – scherzano dal palco Filippo Rossi e Andrea Baffo, annunciando l’artista romana – e ha deciso di farci questo regalo». Lei arriva, accompagnata dallo scrittore Leonardo Colombati e, a sorpresa, dal suo chitarrista che la seguirà nei tre brani che la cantante eseguirà nel corso della serata.
La Mannoia è tornata a Viterbo dopo l'esibizione nel carcere di Mammagialla di due anni fa: «Un'esperienza che mi ha cambiata profondamente - rivela - perchè dentro quelle celle, qualunque cosa abbiano fatto, ci sono rinchiusi essere umani. Cantavo "Sally" di Vasco Rossi e, alle parole "forse la vita non è stata tutta persa", piangevamo tutti»
Un’intervista a cuore aperto, quella alla Mannoia, si parla di tutto, partendo dagli esordi come controfigura in pellicole celebri: «Vi ricordate il film con Alberto Sordi e Monica Vitti, “Amore mio aiutami”, in cui lei prende un sacco di botte sulle dune di Castelporziano: quella che prendeva calci e pugni – per finta eh? – ero io. Ero giovanissima, avevo solo sedici anni». E poi il rapporto con i colleghi e il ricordo, doloroso, per chi ci ha lasciato troppo presto: «Non posso pensare di non sentire più la voce di Pino Daniele e Lucio Dalla – confessa – ancora non me ne rendo conto». Proprio a Dalla, nel 2013, la cantante ha dedicato un intero album, “perché finché canti le canzoni di chi ci ha lasciato loro continuano a esistere. Ci ho pensato prima di fare questo disco e mi sono detta che Lucio sarebbe stato contento”. E dicendo questo, si alza per cantare “Cara”, il suo personale omaggio all’artista bolognese scomparso.
La serata scorre veloce, si toccano temi più caldi: Fiorella è nota per il suo impegno civile e non nasconde le sue idee a proposito di immigrazione: «È un problema enorme e noi da soli non possiamo farcene carico – afferma. Ma è anche umano e legittimo, per queste persone, cercare scampo altrove da fame e guerra. Nessuno aspetta la morte inerme, nessuno aspetta che i suoi figli muoiano senza fare nulla. Gli Stati che respingono i migranti come Francia e Inghilterra sono i primi a sfruttare e a depredare le risorse dell’Africa. Troppo comodo derubarli e poi dire: "non vi vogliamo". Vogliamo risolvere il problema dell’immigrazione? Smettiamola di rubare a casa loro».
Per questi commenti sulla sua pagina facebook la Mannoia è stata oggetto di critiche pesanti e insulti, perché l’argomento divide in due l’opinione pubblica e anche la platea viterbese: ad applaudire queste parole sono la metà dei presenti. Ma lei non si scompone e ribadisce il suo pensiero: «Non date retta a quel signore lì – il riferimento è al leader della Lega, Matteo Salvini – che cerca di seminare odio verso la povera gente. Quelli che parlano così cercano solo il potere, non cadete nel tranello». Il tema dei migranti è molto caro all’artista: per loro, da interprete, è diventata autrice. «Non sono madre – sottolinea – ma non bisogna per forza avere un figlio per capire la maternità. Ho pensato a una donna che deve dire addio alla propria figlia che parte per cercare una vita migliore ed è nata questa canzone, “In viaggio”».
E così dicendo la Mannoia esegue il brano, il momento è toccante: il silenzio totale e poi gli applausi alla fine scroscianti. Ma l’artista ha parole anche per la riforma della scuola del Governo Renzi: «Questi insegnanti umiliati e vessati – dice – persone che vengono accusate di fare tre mesi di ferie e di rubare lo stipendio. Un bambino è un foglio di carta bianca, a scrivere la sua vita sono prima i genitori e poi i docenti. Che messaggio diamo ai nostri figli, quando si umiliano così i loro maestri di scuola? E questo, mi dispiace dirlo, viene proprio da un governo cosiddetto di sinistra».
La serata vola, si giunge al termine. Colombati le chiede di quella canzone famosa che la identifica nell'immaginario comune: “Quello che le donne non dicono”, di Enrico Ruggeri. «Sai, è un come quando a una madre che ha tre figli chiedono sempre del maggiore, Giuseppe – scherza -. Lei dice: “sta bene, ma ci sono anche gli altri”. Per me è così, ma sarebbe anche ingiusto verso il pubblico non cantarla ai concerti. E quindi, vi canterò “Giuseppe”!».
Piazza San Lorenzo l’accompagna nel coro e poi, alla fine, la omaggia con un applauso scrosciante. Fiorella saluta, sparisce dietro palazzo dei Papi, non prima di avere scattato una foto ricordo con i giovani volontari di Caffeina. Una manifestazione che l'anno prossimo rischia di sparire se non si trovano i fondi sufficienti. E, dopo questa serata così dolce, il pensiero lascia un gusto in bocca molto amaro.
Lunedì 29 giugno 2015
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