di Sabrina Mechella
Danni agli agricoltori e allevatori da fauna selvatica, nei giorni scorsi la lettera del presidente della Provincia di Viterbo Marcello Meroi a Nicola Zingaretti, presidente della Regione Lazio, che sollecitava ad “approvare in tempi rapidi la proposta di legge 116/2013, già esaminata nelle commissioni consiliari competenti”. «È giusto tutelare e conservare la fauna selvatica – scrive il presidente provinciale - ma purtroppo si ha spesso la sensazione che i diritti degli animali, in questo caso i cinghiali che devastano le coltivazioni o i lupi che fanno strage di pecore, vengano prima di quelli dell’agricoltore o del pastore a non veder gravemente compromessi i propri legittimi interessi economici. È dunque sempre più indispensabile puntare sulla prevenzione del danno, superando o quanto meno limitando al massimo, la politica dell’indennizzo. Questo potrà avvenire soltanto se sarà finalmente approvata una legge capace di garantire una gestione della fauna selvatica non rivolta unicamente alla tutela della specie, ma capace di coniugare questa indiscutibile esigenza con il diritto degli agricoltori di non subire danni alle coltivazioni, già esposte pericolosamente alle violente, e sempre più spesso eccezionali, condizioni meteo avverse». A questo proposito Andrea Brutti, responsabile Ufficio Fauna Selvatica Enpa (Ente nazionale protezione animali), ha inviato una lettera aperta indirizzata a Marcello Meroi, con diverse contestazioni rispetto a come il tema sia stato affrontato nel tempo, tanto da diventare un’emergenza in cui i soli responsabili sembrano essere solo gli animali selvatici. Eccola.
Gentile presidente Provincia di Viterbo, vorremmo portare alla sua attenzione alcune considerazioni relative al tema dei danni "causati" dalla fauna selvatica, su cui l' Ente nazionale protezione animali più volte si è espresso anche in sedi istituzionali con specifiche audizioni. Si tratta di un tema molto complesso, su cui riteniamo sia opportuno sin da subito sottolineare come se dopo tanti anni di politica finalizzata all'abbattimento degli animali selvatici, il problema dei danni è ancora aperto, ciò significa che la politica finora adottata non è la soluzione del problema. Anzitutto, vi è un errore di fondo: l'identificazione, da parte delle regioni e delle province, del controllo faunistico con l'esercizio venatorio. Un autentico errore, ma un errore voluto, finalizzato ad ampliare l'inutile possibilità di sparo. Esso costituisce una distorsione della legge n°157/92, che all'articolo 19 prevede un controllo faunistico di ben altra natura, finalità, modalità. Prevede infatti che siano attuati i metodi ecologici proposti caso per caso, dall'Ispra e valutati dallo stesso. Solo dopo, in casi quindi estremi, si può procedere agli abbattimenti ma anche qui, trattandosi di casi eccezionali, i cacciatori non figurano tra gli "attori", e giustamente: infatti, fu proprio l'immissione indiscriminata di cinghiali, voluta dal mondo venatorio, a causare questa situazione di squilibrio. Come Protezione Animali, riteniamo che il rispetto della norma nazionale sia assolutamente prioritario nelle proposte politiche. Recentemente anche i lupi sono stati accusati di arrecare danni soprattutto al settore zootecnico.
A prescindere dal fatto che il lupo è l'unico mammifero in grado di poter intervenire sul cinghiale in quanto predatore per eccellenza, si sottolinea come l'uccisione di alcuni capi di allevamento sia dovuta principalmente a questioni legate al randagismo e, in generale, all'assenza del rispetto della legge 281/91, su cui è intervenuto anche il Governo con una risoluzione apposita. Evidentemente, i comuni e le Asl hanno una buona parte di responsabilità poiché non sterilizzando i randagi e non provvedendo al loro recupero, hanno fatto in modo che si riproducessero. In tutto questo, anche i cani lasciati vaganti - a partire da quelli utilizzati dai pastori e dai cacciatori, per arrivare a quelli, per così dire, padronali - e non sterilizzati hanno contribuito al fenomeno del meticciamento, anche con il lupo, e ad una sorta di inselvatichimento. Si tratta di una situazione di sofferenza inaccettabile per gli animali che, spinti dalla fame e dall'istinto di sopravvivenza, fanno ciò che naturalmente farebbero, nutrendosi di alcuni capi di animali di allevamento. Giova però ricordare come questi animali in pascolo, quasi sempre, siano totalmente incustoditi, privi di qualsiasi forma di sorveglianza o di recinzione mobile: in sostanza, privi di qualsiasi tutela, quasi abbandonati a loro stessi.
Una situazione ideale in cui un predatore affamato, come la sua natura vuole, agisce. È su questo, e sulla necessità - diremmo anzi urgenza - che i comuni e le Asl si attivino anche con opportuni controlli necessari a garantire il rispetto della legalità, che da tempo l’Enpa chiede agli esponenti politici di intervenire. Occorre ancora una volta sottolineare come le Regioni stesse riconoscano che le maggiori responsabili di danni alle attività umane sono le specie oggetto di ripopolamento, vale a dire quella pratica a scopo venatorio che consideriamo anacronistica, perversa e costosa. Da moltissimi anni, infatti, i "lanci" di lepri, fagiani, cinghiali - per questi ultimi in progressiva diminuzione i rilasci in natura, data l'evidenza dei fatti - avvengono con pubblico danaro ed altro pubblico danaro viene successivamente erogato per risarcire i danni apportati all'agricoltura. Un paradosso ed uno sperpero inaccettabili. Sarebbe quindi opportuno archiviare la politica dei ripopolamenti, rimuovendo un'altra causa del problema dei danni. L'Ente nazionale protezione animali ha sempre considerato urgente e giusto procedere al risarcimento dei danni nei confronti degli operatori colpiti nelle loro attività. Il regime attuale dei risarcimenti presenta forti limiti, costituiti dalle lentezze delle procedure, dalla mancanza di norme omogenee sul territorio, che tra l'altro creano disparità nei trattamenti.
Ovviamente ci riferiamo a danni certi, documentati e verificati. Sarebbe opportuno un meccanismo virtuoso in cui l'agricoltore o l'allevatore diligente e responsabile, che attua tutte le misure per la prevenzione di un possibile danno, sia risarcito in maniera più veloce o comunque più adeguata. Gentile presidente, ci scusi se ci siamo dilungati e speriamo che queste considerazioni possano tornarle utili per il suo lavoro.
Venerdì 23 gennaio 2015
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