di Sabrina Mechella
Cave come discariche, falde acquifere a rischio nella Tuscia. È il grido di allarme lanciato stamattina in conferenza stampa al Caffè Letterario di Viterbo da Bengasi Battisti, sindaco di Corchiano e presidente dei Comuni Virtuosi, e da Vanessa Ranieri, avvocato ambientalista, legale del Wwf Italia nel processo a carico di Manlio Cerroni, proprietario della discarica di Malagrotta.
Un rischio concreto, come ha spiegato l'avvocato Ranieri: «Le cave non più in attività potrebbero essere utilizzate per smaltire rifiuti speciali non pericolosi tra cui anche fanghi e detriti derivanti da attività di trivellazione e coltivazione su terra e in mare, che sono carichi di sostanze svariate e potenzialmente dannose per la salute e il territorio. Con una semplice comunicazione ai sensi dell’art. 216 dl 152/06 (cd. Procedura semplificata) in appena 90 giorni, se le amministrazioni comunali non si oppongono, centinaia di cave non più in attività nella Provincia di Viterbo potrebbero ricevere, stando all’interpretazione che viene data alla norma, in presenza di alcuni requisiti minimi, rifiuti speciali potenzialmente pericolosi».
Insomma una procedura che fa passare per ripristino ambientale - che prevede il recupero paesaggistico previsto per legge e a quanto sembra non attuato di fatto dai proprietari delle cave - una vera e propria operazione di smaltimento potenzialmente pericoloso, trasformando i terreni agricoli in vere e proprie discariche di inerti sui quali dovrebbe controllare l’amministrazione provinciale che al momento non ha né mezzi né uomini. Con danni alla salute, all’economia e all’ambiente facilmente individuabili.
«Nel Viterbese c’è una diffusa presenza di cavità – spiega Bengasi Battisti – che sono il risultato di cave dismesse non recuperate, si parla di 700. Quando parliamo di profonde lacerazioni parliamo di cavità che potrebbero contenere quaranta palazzine da dieci piani, che ovunque hanno esposto falde acquifere, che rappresentano l’unica fonte di approvvigionamento idrico per intere comunità. Tutte queste enormi buche libere sono il frutto di un’inadempienza. Mi chiedo come un’azione del genere, anziché essere penalizzata, possa invece creare una grande opportunità economica. Per fare un esempio facile: se tu guidi superando il limite di velocità invece di toglierti i punti dalla patente ti premio e te li aggiungo pure. A questa fragilità del territorio si aggiunge quella della normativa vigente, che rende estremamente facile l’utilizzo di queste cavità come vere e proprie discariche: è bene ricordare che i rifiuti di cui parliamo verrebbero inevitabilmente a contatto con le falde acquifere. I governi locali devono rendersi conto di questa caratteristica territoriale».
«Abbiamo un territorio vocato all’agricoltura e alla coltivazione non intensiva – aggiunge l’avvocato Vanessa Ranieri – e il pericolo è serio non solo per la salute umana e l’ambiente, ma anche per l’agricoltura. A quest’ultima sono stati destinati milioni di euro che potrebbero svanire e venir negati dalla Commissione Europea laddove fossero compromessi i territori adiacenti alle coltivazioni o alle falde acquifere. Siamo davanti ad uno scenario di eventuale danno economico a carico degli imprenditori agricoli che hanno investito tanti soldi di proporzioni incredibilmente estese».
Ma come ci si oppone a quello che potrebbe diventare un vero e proprio disastro ambientale, al pari della Terra dei Fuochi? Bengasi Battisti ha risposto con un’azione concreta: «I Comuni non sono attrezzati perché entro 90 giorni devono dire sì o no alla procedura di smaltimento nelle cave. Noi abbiamo attuato una resistenza normativa locale: abbiamo sequestrato una vasta area di circa dieci ettari in località Poggio Mentuccia con un’ordinanza comunale. Il sindaco, infatti, in quanto capo dell’amministrazione è il responsabile della salute dei cittadini. Se io capisco che le manovre che si stanno facendo mettono a rischio la salute pubblica, anche in via precauzionale, posso farlo. Questo sequestro ha tenuto sia al Tar, sia al Consiglio di Stato. Il che vuol dire che quando ci sono questi risultati ci sono anche dei presupposti legislativi. E poi abbiamo anche fatto altro, stabilendo che qualunque richiesta urbanistica in semplificata di recupero ambientale deve avere l’autorizzazione da parte del consiglio comunale, in relazione all’eventuale rischio di quell’attività legato alla qualità dell’acqua. Con questo strumento scoraggiamo i malintenzionati a venire da noi».
Insomma i sindaci della Tuscia hanno tutti gli strumenti per dire no alle cave come discariche ma i cittadini devono fare la loro parte, come sottolinea Battisti: «L’appello è soprattutto alle comunità insediate: devono riappropriarsi della capacità di tutelare ciò che non è delegabile a nessuno. Se la sensibilità è alta, se i comitati si battono per il bene del territorio e non cercano consensi pre elettorali, si può rendere più forte un’intera comunità».
Mercoledì 13 aprile 2016
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