di Sabrina Mechella
«Donatella Ferranti nuovo ministro della Giustizia? Io dico sì senza riserve». Ad affermarlo è Luigi Sini, presidente dell’Ordine degli avvocati di Viterbo. In queste ore in cui sui media impazza il toto ministri per la nuova formazione di Governo targata Renzi, tra i vari personaggi che potrebbero occupare il posto della ministra Cancellieri c’è anche Donatella Ferranti, attualmente presidente II Commissione Giustizia alla Camera, dal 1984 al 1999 Sostituto Procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Viterbo. Un personaggio molto conosciuto e stimato nel palazzo di giustizia del capoluogo, come conferma lo stesso Sini.
Perché l’Ordine degli avvocati viterbesi auspica che Donatella Ferranti diventi nuovo ministro della Giustizia?
«Ha una grande conoscenza delle questioni pratiche nell’ambito della Giustizia, è molto seria e preparata. Inoltre ha sempre manifestato grande interesse nei confronti delle problematiche della nostra categoria. Durante le ultime elezioni organizzò un incontro proprio con noi avvocati per ascoltare le nostre richieste rispetto ai problemi quali, ad esempio, il precariato e l’informatizzazione del sistema. Domande che ha poi cercato di portare in parlamento ed effettivamente in seguito applicate. Inoltre, fatto se vogliamo un po’ anomalo per un ex pm, ha sempre appoggiato la riforma della custodia cautelare, propendendo per la detenzione alternativa rispetto a quella in carcere che, secondo noi, andrebbe applicata solo in extrema ratio»
Fino ad oggi la vostra categoria ha sempre lamentato di essere stata poco ascoltata dai passati rappresentanti del ministero. Per quale ragione avete deciso di mobilitarvi giovedì prossimo?
«Nell’ambito delle tre giornate di mobilitazione nazionale proclamate dall’Oua per il 18,19 e 20 prossimi, noi avvocati viterbesi non ci asterremo dalle udienze, ma organizzeremo un’iniziativa simbolica nel cortile del tribunale. Dalle 11.30 circa, con indosso la toga, ci sposteremo all’interno del palazzo di Giustizia per catalizzare l’attenzione dei media e far capire che protestiamo non per noi stessi, ma per un pericolo ben maggiore che è l’attacco al diritto di difesa dei cittadini»
In che senso?
«Temiamo che se venisse attuata la riforma del processo civile verrebbero meno molti diritti costituzionali. Primo tra tutti il diritto di avere giustizia per i meno abbienti. In pratica, se io voglio impugnare una delibera di condominio e voglio affrontare tre gradi di giudizio, dovrò mettere in conto subito 478 euro di tasse per il primo grado, 675 euro per l’Appello e 900 euro per la Cassazione. E parliamo di tasse, lasciando fuori i compensi degli avvocati. Se l’Appello fosse ritenuto inammissibile, si dovranno sborsare altri 675 euro. Per ricorrere comunque in secondo grado il cittadino ha bisogno di conoscere le motivazioni della sentenza del primo. Fino ad oggi le motivazioni erano comunque stilate dai giudici, con questa riforma le forniranno solo previo pagamento, per la modica cifra di 337,50 euro. Insomma, se ho un problema con l’ascensore che non funziona per colpa dell’amministratore mi converrà tenermelo, altrimenti dovrò sapere che fare causa mi costerà almeno 3000 euro solo di tasse»
Voi avete lamentato spesso uno sbilanciamento dalla parte del ministero a favore dei magistrati e a discapito degli avvocati. Perché?
«Sembra che i problemi della magistratura italiana siano colpa unicamente di noi legali. Siamo accusati di cercare cavilli inutili per ottenere rinvii, di volere la prescrizione, di essere troppi, di fare lobbing. In realtà spesso facciamo attività suppletiva. Noi acquistiamo a spese nostre diversi macchinari e carte per fotocopie, verbalizziamo atti altrimenti a carico di ufficiali giudiziari. In realtà è nostro interesse chiudere al più presto una causa, perché il compenso lo riceviamo solo alla fine, quando lo riceviamo. In tempi di crisi, infatti, spesso i giovani avvocati sono costretti a seguire cause per compensi irrisori e a rincorrere clienti morosi. E questo non solo svilisce la categoria, ma ne risente il sistema in generale. Abbiamo grande difficoltà a far capire alle persone quali sono i problemi reali. Per fare un esempio, nel tribunale viterbese sono già stati trasferiti due magistrati, altri due andranno via a maggio. Al posto loro arriverà solo un giudice. È chiaro che alla fine chi emette la sentenza sono i magistrati e se questi non lo fanno per diversi motivi – perché sono pochi o fuori ruolo, o perché potrebbero fare di più – chi ci rimette è il sistema giustizia. La riforma del processo civile che il governo intende attuare è tutta sbilanciata a favore dei magistrati, perché se fai pagare di più il cittadino, scoraggiandolo a intentare cause anche giuste e punendo anche gli avvocati con l’introduzione della responsabilità solidale rispetto all’esito di una causa, è chiaro i giudici avranno molto meno lavoro. Ma non ci sarà giustizia per tutti. Inoltre mi chiedo: l’aumento incontrollato dei costi di accesso alla giustizia corrisponde a un effettivo reinvestimento nel sistema per migliorarlo? Questa domanda è stata spesso posta da Donatella Ferranti, per questo auspico vivamente che sia lei il prossimo ministro della Giustizia».
Lunedì 17 febbraio 2014
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