Redazione Online
«La signora mi chiese di uccidere i cuccioli, io le risposi che non potevo perché la mia religione me lo impediva». Così oggi in aula nel Tribunale di Viterbo C. Patirana, ex operaio di origini cingalesi che fino al 2012 prestava servizio nel canile Fontana di Viterbo. Una testimonianza rilevante, come ha sottolineato il giudice Giacomo Autizi, che al momento del controesame della difesa è stato necessario rinviare per via della scarsa comprensione della lingua italiana del teste. Il processo che vede imputati Anna Maria Fontana e Carmelo Cassone per uccisione, maltrattamento e sevizie su animali (art. 544 bis, ter e quater del codice penale) ha scosso molto l’opinione pubblica: i due, infatti, sono accusati di aver deliberatamente affogato dopo la nascita i cuccioli partoriti dalle cagne detenute nella loro struttura privata.
Fatto confermato dal’ex operario cingalese oggi in aula: «Finché c’era un operaio rumeno io vedevo nascere i cuccioli ma non sapevo che fine facessero – ha raccontato Paritana al giudice -. Poi lui se n’è andato è allora la signora (indicando in aula l’imputata ndr) ha chiesto a me di ucciderli. Io le ho detto che non potevo farlo, perché sono buddista e la mia religione mi vieta di uccidere ogni essere vivente. A quel punto io vedevo nascere i cuccioli e mi veniva chiesto di separarli dalla madre. Il giorno dopo li trovavo morti in un secchio, il signor Mario (così l’operaio chiamava il consorte dell’imputata ndr) li metteva in una busta e li gettava nel cassonetto».
La vicenda ha inizio nel marzo 2012, quando Loredana Pronio e Stefania Pierleoni, rispettivamente presidente e vice presidente dell’associazione animalista Federfida, ricevono una segnalazione da tre volontarie viterbesi: Nunzia Casini, Rita Storri e Paola Vicidomini. Le tre volontarie sarebbero a conoscenza di fatti gravi ai danni degli animali che avvengono all’interno della struttura, in particolare di cuccioli appena nati affogati nell’acqua e poi gettati nel cassonetti della spazzatura. «Nel marzo 2012 la nostra federazione fu stata contattata dalle tre volontarie – ha spiegato Stefania Pierleoni – le quali ci chesero aiuto rispetto a una situazione di probabile reato a danno di animali e ambiente più volte verificatosi nel canile Fontana di Viterbo. Il 17 marzo, quindi, incontrammo le tre volontarie sopra citate che fecero conoscere due uomini di nazionalità cingalese. I due signori lavoravano come operai nel canile privato in questione e tra le varie mansioni avevano anche quelle di accudire gli animali.
Ci raccontarono che si erano dimessi da quel lavoro perché non riuscivano più a sopportare le violenze fatte nei confronti dei cani, in particolare uccisioni crudeli e deliberate. Ci specificarono che durane il periodo in cui avevano prestato servizio nel canile il numero dei cuccioli uccisi era elevatissimo, frutto della mancata sterilizzazione delle femmine (nella denuncia presentata dalle rappresentanti di Federfida si parla di 1200-1400 cuccioli ndr). A riprova di quanto detto i due operai ci fecero visionare un video realizzato di nascosto nella struttura, in cui si vedevano dei cuccioli appena nati presi e affogati con l’acqua in un secchio. Nel video si vedeva anche che i cadaveri dei piccoli venivano gettati in alcuni sacchi neri e poi smaltiti come normale spazzatura. Fui colpita da una scena molto drammatica, in cui una cagna bianca e grigia veniva trattenuta perché voleva andare dai suoi cuccioli che stavano morendo affogati in un secchio. Per avere la riprova del fatto che le cagne della struttura non venivano sterilizzate consigliai a una volontaria di adottane una. Così fece, la cagnolina era ospite dal 2006 e nel 2011, quando fu adottata, era ancora integra».
Appresi i fatti Loredana Pronio si recò dall’allora procuratore capo Tribunale di Viterbo, Alberto Pazienti, al quale fece vedere il video. Da qui la denuncia formale a opera della Guardia Forestale di Viterbo. In seguito la stessa Forestale poi pose sotto sequestro la struttura nel maggio successivo. Oggi in aula i anche i testi del pubblico ministero, Barbara Santi, Giuseppe Testa, brigadiere capo del Corpo Forestale e l’altro operaio cingalese, Sisira Kumara. Proprio per la rilevanza dei testi stranieri e per l’impossibilità di comprendere esattamente le domande poste dalle difese degli imputati il giudice ha ritenuto rinviare l’udienza al prossimo 19 giugno, quando i testi stranieri saranno assistiti da un 'interprete cingalese e saranno anche ascoltati tre testi della difesa.
Mercoledì 18 gennaio 2017
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