Un nuovo frumento Ogm free, rispetta l'ambiente e abbatte i consumi energetici

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Viterbo | un brevetto internazionale già in produzione in america ed europa

Un nuovo frumento Ogm free, rispetta
l'ambiente e abbatte i consumi energetici

Da uno studio congiunto tra l'università della Tuscia e il dipartimento di Agricoltura Usa la nuova farina che cambierà la produzione di pane e pasta con grandi risparmi

Redazione Online

Da sinistra: la Fiandra, Morris, Simeone e Grego
Da sinistra: la Fiandra, Morris, Simeone e Grego

L'Università della Tuscia si conferma sicuro punto di riferimento scientifico internazionale. Questa volta l'attenzione di alcuni dei suoi ricercatori si è concentrata sullo sviluppo di un tipo di frumento duro innovativo, in grado di produrre farina con superiori qualità tecnologiche e commerciali. Tale frumento è diventato oggetto di un brevetto internazionale e la sua produzione è già iniziata sia negli Stati Uniti che in Europa. Il nuovo tipo di frumento scaturisce da una collaborazione tra il dipartimento Dafne dell'Ateneo viterbese e il dipartimento di Agricoltura degli Stati Uniti d’America (Usda). Più precisamente tra Craig F. Morris, direttore del Laboratorio di ricerca della qualità del frumento presso la Washington State University, Leonard Joppa, genetista dell'Università del Nord Dakota e i docenti viterbesi Domenico Lafiandra e Marco Cosimo Simeone. Morris è attualmente ospite dell’ateneo viterbese, in qualità di “visiting scientist”, per avviare un programma di collaborazione con alcuni molini, produttori alimentari e organizzazioni di agricoltori locali, al fine di far conoscere e promuovere i pregi del nuovo frumento.

«È un frumento duro unico al mondo - spiega Morris - ottenuto attraverso procedimenti esclusivamente naturali, e quindi non transgenici, con la peculiarità di produrre direttamente farina anziché semola alla prima macinazione della granella. Tale caratteristica consente di evitare i numerosi passaggi di macinatura che sono normalmente richiesti nei molini per ottenere la farina necessaria alle successive lavorazioni per i diversi prodotti alimentari (pasta, pane, pizza, prodotti dolciari). Questa caratteristica – continua il docente americano – permette di ridurre di ben il 75% l'energia usata per la produzione delle farine, e di circa il 15% il fabbisogno di acqua necessario alla formazione degli impasti. Grandi risparmi energetici e costi ridotti, dunque, uniti ad elevato rispetto dell'ambiente per un prodotto di eccellente qualità».

«Questa farina - aggiunge Lafiandra - si può usare per la produzione di pane di grano duro, di pasta per dolci e per pizza. A tal fine, ricordiamo che il pane di grano duro è infatti più saporito, più nutriente (grazie alla sua naturale ricchezza in betacarotene e altri pigmenti preziosi per l'organismo umano) e conservabile più a lungo del pane di grano tenero, mentre per la legge italiana, la pasta deve essere prodotta esclusivamente con frumento duro per assicurane l’elevata qualità ai consumatori». «È stato un lungo lavoro cominciato nel 1995, completato nel 2006 e che ha portato a brevettare il nuovo prodotto nel 2013. Ora dobbiamo pensare alla commercializzazione – afferma Simeone - e al coinvolgimento delle cooperative agricole, dei produttori e delle diverse associazioni di categoria, partendo dalle nostre realtà locali di qualità, per poi eventualmente estenderci verso le grandi aziende produttrici a livello nazionale ed internazionale. Negli Usa sono già a buon punto; diversi produttori privati di grano ed alcune aziende si stanno già dedicando a questa coltura ed alla relativa produzione di pane e pasta. Il nostro materiale è stato inoltre inviato - aggiunge - al Cimmty, il Centro internazionale per il miglioramento del mais e del frumento, con sede a Città del Messico, per coinvolgere ulteriori aree nella produzione di questo grano che consentirebbe grandi risparmi energetici e in acqua. Ricordiamo infatti che le zone elette per la produzione di grano duro di alta qualità si collocano esattamente nelle regioni più calde, e spesso siccitose, degli Stati Uniti, dell’Europa Mediterranea e dell’Australia»

«C'è grande soddisfazione - ha sottolineato Stefano Grego, responsabile dell'Ufficio Affari Internazionali dell'Università della Tuscia - per questo risultato. Non solo per la grande innovazione in campo agroalimentare ma anche per lo stesso ateneo viterbese che si conferma ricco di sinergie con altri importantissimi centri di ricerca al mondo. Questo grazie al lavoro incessante e di altissima qualità svolto dai docenti e ricercatori viterbesi».

Venerdì 11 aprile 2014

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