di Sabrina Mechella
In primo piano Patrizia Natale. Accanto Simonetta Pacini e Giuseppe Rescifina, membri dello staff di Ferento |
La stagione teatrale di Ferento 2015 non si farà. Dopo Caffeina, il cui proseguimento il prossimo anno è in serio pericolo, anche l’evento teatrale clou dell’estate viterbese ha dato forfait. A dare la ferale notizia, stamani in conferenza stampa, Patrizia Natale, storica organizzatrice dell’evento.
«Non ci sono i soldi, né dalla Regione, né dal Comune – ha annunciato – e se entro la fine della settimana non succede un miracolo la stagione salta. Per accendere la “macchina” Ferento, infatti, ossia le spese vive di avviamento – allestimenti, service, pubblicità, assicurazioni e altro – servono almeno 30/40 mila euro. La Regione Lazio non ha ancora emesso un bando e, a sentire la dirigente responsabile alla Pisana, non c’è da sperarci almeno in tempi brevi. In Comune gli assessori responsabili hanno chiaramente detto che “non c’è un euro”. Saremmo dovuti partire il 16 luglio e chiaramente ormai non ci sono più i tempi».
La Natale gli scorsi anni poteva contare dei fondi stanziati dalla Provincia di Viterbo “ma con la Legge Delrio, che sposta le competenze alle Regioni, è saltato tutto, c’è il caos”. Eppure il programma di Ferento pensato per quest’anno prevedeva nomi di tutto rispetto: «Iniziavamo il 16 luglio con la Medea di Barbara De Rossi; il 18 il Galà di danza classica, contributo a Rudolf Nureyef; il 20 Giorgio Albertazzi; il 27 Tato Russo, il 30 Teresa Mannino; il 31 Arsenico e vecchi merletti con Paola Quattrini, Ivana Monti e Sergio Muniz. Il 6 agosto Maurizio Battista, l’8 la serata con Mogol e Andrea Mingardi e infine il 9 agosto chiusura col Conte Tacchia di Maurizio Mattioli. Ma, anche se domani mi arrivassero i fondi, non è detto che gli artisti confermerebbero».
Una fine ingloriosa per una manifestazione iniziata nel lontano 1965 e che quest’anno avrebbe compiuto il mezzo secolo. «Io capisco che c’è la crisi – sottolinea Patrizia Natale – ma possibile che a farne le spese sia sempre la cultura? Io per portare avanti Ferento mi sono anche indebitata: l’anno scorso il Comune mi ha proposto di inserire due spettacoli extracartellone: Pino Daniele ed Elio e Le Storie Tese. Due flop, colpa del maltempo e di altri eventi concomitanti, per un totale di oltre 30 mila euro di mancati incassi che ho dovuto pagare di tasca mia, perché gli artisti avevano cachet molto alti: 50 mila euro Daniele ed Elio 25 mila.
La fine di Ferento vuol dire anche perdita di posti di lavoro sul territorio: «Tra custodia, maschere, cassieri, service, personale vario, ufficio stampa e altro sono una cinquantina di persone – spiega – di cui alcune giovani e tutti comunque di Viterbo. E vuol dire anche che i circa 10 mila spettatori che venivano in città per assistere agli spettacoli non ci saranno più».
Alla luce di questi scenari cupi, in cui vediamo un teatro dell’Unione in stato fatiscente e ben lontano dall’essere recuperato, manifestazioni come Caffeina e Ferento in agonia (se non addirittura morte), la domanda sorge spontanea: che senso ha candidare Viterbo capitale della Cultura?
Martedì 30 giugno 2015
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