Convento della Trinità, uno scrigno di tesori sconosciuti tra le mura viterbesi

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Viterbo | viaggio nella città nascosta

Convento della Trinità, uno scrigno
di tesori sconosciuti tra le mura viterbesi

Fuori dalla rotte turistiche del capoluogo c'è una struttura di rara bellezza, tornata in vita grazie all'impegno di padre Mario Mattei, storico agostiniano. Al suo interno affreschi del'600 e una biblioteca dell'ordine religioso unica in Italia

di Sabrina Mechella

Lo splendido chiostro del convento della Trinità, a Viterbo
Lo splendido chiostro del convento della Trinità, a Viterbo

Per chi fa visita a Viterbo tappe obbligate sono certamente Palazzo dei Papi, il Duomo, il quartiere S. Pellegrino, Palazzo dei Priori. Fuori dalle rotte dei vacanzieri della Tuscia c’è però un tesoro nascosto, celato dietro anonime mura. È il convento annesso alla chiesa della Trinità, guidato dal priore padre Mario Mattei (storico agostiniano) che ha aperto eccezionalmente le porte ai volontari di Viterbo Civica come ringraziamento per aver liberato dalle piante di fico i cornicioni della chiesa, che stavano provocando pericolose crepe. L’appuntamento è per le 17 di domenica pomeriggio, puntuale il frate schiude il portone laterale all’entrata principale della chiesa, accogliendo lo sparuto gruppo di visitatori con un sorriso cordiale. Riminese, il religioso prima di stabilirsi a Viterbo è stato per cinque anni custode della Cappella Sistina, di tesori se ne intende.

È un bravo cicerone, ascoltarlo è un piacere, racconta pezzi di storia misti ad aneddoti: «La chiesa e il convento annesso risalgono al 1257 – spiega padre Mario - quando i frati eremiti Agostiniani di Monterazzano decisero di spostarsi qui. All’epoca non c’era nulla e il terreno che comprarono era di tipo agricolo, ma ebbero un colpo di fortuna quando nello stesso anno papa Alessandro IV decise di prendere residenza nella città. Sorsero così nuove strutture a Viterbo e in dieci anni il terreno comprato dai frati divenne edificabile, acquistando ancora più valore». Il priore fa strada nel chiostro che appare davvero meraviglioso: un quadrato circondato da colonne di peperino realizzate dallo scultore viterbese Pier Domenico Ricciarelli, alle pareti pitture del 1600 che ritraggono la vita di S. Agostino, opera di Marzio Ganassini e Giacomo Cordelli, che terminarono il lavoro in soli sei mesi. Prima dell’avvento di padre Mario il destino del convento, rimasto senza frati, era appeso a un filo: la Curia aveva affidato proprio al priore il compito di valorizzarlo e lui ci è riuscito.

Adesso la struttura è diventata uno studentato in cui soggiornano undici religiosi. Ma il vero gioiello del convento, che non è possibile però visitare, è la biblioteca che ospita la raccolta delle opere agostiniane dei tutti i conventi italiani: 70mila volumi antichissimi, che vengono schedati e archiviati da quattro laureati della facoltà di Beni culturali dell’Università della Tuscia. In questo materiale che padre Mario ha ricevuto nel tempo ci sono anche degli scatoloni contenenti lastre fotografiche risalenti agli ultimi anni dell’′800, primi ′900, scattate da un frate agostiniano amante dei paesaggi, un pezzo di storia non solo del nostro paese, ma anche della fotografia. La visita continua e si arriva al grande refettorio, caratterizzato da affreschi sulle pareti del ′600 che raffigurano personaggi agostiniani e dal grande dipinto del 1560 in fondo alla sala, che rappresenta l’Ultima cena, straordinariamente simile a quello di Leonardo Da Vinci.

Dal refettorio si accede allo splendido orto medioevale, curato da un ex poliziotto viterbese in pensione. I frati sono quasi autosufficienti, producono olio e vino, verdure e frutta, piante officinali. La pianta della coltivazione è a croce, con sedute in peperino in cui i frati si fermavano per pregare tra un lavoro e l’altro. È un trionfo di piante da frutta, l’orto è curatissimo e fiorente. Padre Mario offre ai visitatori delle albicocche: «Non usiamo pesticidi, sono bruttine ma molto buone» assicura.

Il tempo a disposizione è finito, dietro le mura del convento l’orologio si ferma per i visitatori, ma non per Padre Mario, che deve tornare ai suoi compiti. Resta la curiosità per quella biblioteca secolare, accessibile solo ai frati e agli archivisti che vi lavorano. Ma chissà: basta avere fede.

Lunedì 7 luglio 2014

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