Alì, dal Burkina Faso all'Italia cercando i semi per la sua terra

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Alì, dal Burkina Faso all'Italia
cercando i semi per la sua terra

Un ragazzo venuto dall'Africa con una laurea internazionale avanzata in farmacologia agraria che cerca una speranza di sviluppo nel nostro paese. Di Elda Martinelli, presidente dell'associazione culturale "Teatro di Carta"

Redazione Online

Una storia dall'Africa
Una storia dall'Africa

E poi arriva Alì.

In un pomeriggio di mezza estate, in riva al mare grigio come i fitti nuvoloni alle spalle. Vient'e terra. Poi, in un attimo, aria ferma e irreale, pronti a scappar via per il primo temporale d’estate: invece restiamo lì, io e Arcangelo, come due adolescenti, in silenzio a guardare l’orizzonte, senza un apparente motivo.

Arriva cantando qualcosa nella sua lingua, saluta e si siede sulla sabbia davanti a noi, con un sorriso triste e disarmante. Ventotto anni, laureato in farmacologia agraria a Ouagadougou, capitale del Burkina Faso… dove il mare non c’è, perché siamo nel cuore dell’Africa nera. Parla quattro lingue "vostro italiano difficile per autodidatta…" (penso subito che c’è chi autodidatta non sa neanche che significhi, in Italia) e in un grammelot che sa di sole e sale, in 20 minuti, ci dà una lezione di filosofia e di economia politica. Di vita. È arrivato a Lampedusa, questo potrebbe già bastare, ma racconta dettagli, racconta di quei due che sono morti. Racconta di tanta gente che lo ha allontanato e anche di chi lo ha accolto. Racconta di chi ha tentato di fargli creder regolare un lavoro di 12 ore al giorno pagato 300 euro al mese. In Italia: ma la cosa non mi è nuova e non mi stupisce.

Ci chiede se siamo mai stati in Africa. Banalmente, forse, rispondiamo di no ma che ci piacerebbe perché è molto bella! “Non tutta è bella: cose belle e cose brutte ovunque, nel mondo… ovunque tra gli uomini. The world is a little place… il mondo è piccolo. Tutto uguale. Dipende dall’uomo: l’uomo è uguale ovunque”.

"L’errore, il peccato… (cerca la parola giusta: osservo che la scelta tra i due termini è molto più che significativa e forse non casuale) che l’uomo… repeat… è credere di essere… immortale. The death is here, inside… everywhere. Ma l’uomo fa l’errore di credere sempre di vincere la morte… e questo non è possibile. Peggio quando crede di saper fare tutto da solo …e meglio di suoi simili!". (E, restando nel mio ambito, mi vengono subito in mente i tanti che se hanno sgambettato in tutù due volte sono allievi di Nureiev, se sono saliti su un palco più di tre volte si improvvisano registi e aprono scuole di teatro, se hanno la tessera del Pd sono stati intimi di Berlinguer, eccetera).

"È buono avere … avoir confiance en soi (e si indica) ma il mondo… ha bisogno della confiance…" (mi indica, sorridendo e io suggerisco "fiducia nell’altro!"). Sorride con gli occhi, mentre penso alla mia reiterata amarezza da fiducia malriposta. Ma anche alla certezza che nessuno si salverà mai da solo.

(Sono in questo bivio esistenziale da mesi: e mi capiti qui tu, dal Burkina Faso! ?)

Poi ci mostra con soddisfazione il suo permesso di soggiorno, avuto come rifugiato politico. Valido per cinque anni: gli chiediamo se ha lavoro, se si vuol fermare qui in Italia. "Oh, no. Italia bella, Africa bella. Ma… my mason… mon coeur… è con mia famiglia. La famiglia è la cosa più importante della vita. Avete figli! ?".

Gli raccontiamo di Laura e Alice. Ci chiede dei nostri fratelli e sorelle. Penso alla mia famiglia non tradizionale. Penso senza riuscire a fermare i troppi pensieri che affollano e affaticano la mia mente in queste ultime settimane. Penso che avrei tanto bisogno di qualcuno che mi desse una mano a sbrogliare il bandolo di questa matassa di pensieri. Penso che vorrei qualcuno per aiutarmi a tenere il timone di questa mia barchetta di carta in balia del mar grosso. Penso al mare. Penso.

La sua voce si fa ancor più fiera, quasi allegra: "Non resterò in Italia. Prima cosa, appena posso avere denaro sufficiente, è tornare da mia madre che ha pianto troppo quando io sono partito. Il mio cuore deve sentire il suo cuore tranquillo. Poi tornerò qui Italia(ed estrae nuovamente il suo permesso di soggiorno, per convalidare questo suo progetto) per cercare ancora denaro sufficiente a comperare seeds… grain… semi. I will just go back home". Mi accorgo che i suoi occhi son carichi di commozione.

Non ho certificazioni di lingua inglese, ma la mia testa traduce "allora tornerò a casa" (solo allora: con i semi).

Ha una laurea internazionale avanzata in farmacologia agraria, in un paese dove però non c’è acqua, non ci sono sementi, non c’è politica agraria. E cerca di convincermi che solo coltivando la terra si potrà migliorare la vita di un uomo e del suo paese: "Non c’è guerra in mio paese, ma gente abbandonata" (sei in buona compagnia, penso, Alì: siamo tutti abbandonati e in tutto, qui in Italia)

E il mio cuore trema: la mente corre ai discorsi fatti la mattina prima con un’amica che si rattristava per avere la figlia dall’altra parte del mondo. Perché lo ha scelto. Cosa deve dire una madre che invece vede andar via il figlio per necessità, che aspetta di vederlo tornare non con un più o meno inutile master in economia ma con un sacchetto di semi per dar vita ad una terra nemica, che pur sempre è la propria terra! ?

Mi chiedo ogni giorno, quando mi sveglio e ogni notte, prima di addormentarmi, che faranno le mie figlie. Dove saranno quando io non ci sarò.

"La donna è la vita: può dare la vita a un seme … life is inside…" (e indica inequivocabilmente il ventre, con tenerezza sorridendo ad Arcangelo, per un assenso). "La donna è come la terra. Mia madre è la mia vita…".

Guardo Alì molto commossa, spiegandogli che ho l’età di sua madre, chiedendogli cosa possiamo fare per lui. Mi prende la mano e dice: "Il vostro tempo pieno d’amore… ha dato a me quello che avevo bisogno… Le cose che fanno crescere, migliorare un uomo, sono parlare, ascoltare, offrire il proprio tempo per far questo. Questa è … knowledge… la conoscenza. Solo così … nous grandissons! ! Questa sera, quando metto vestiti puliti, ti penso e prego dio per te".

(Non c’è bisogno di specificare quale dio. E lo stesso, per me e per te, Alì. Per ciascuno di noi: per tutti quelli che hanno bisogno di crederci, solo perché ci vuole meno forza che il non crederci)

Prende un bracciale tra le poche cose che tiene nelle sue grandi mani nere e che offre a chi vuol lasciare un offerta per il suo biglietto aereo Roma - Ouagadougou: ha delle pietre turchesi come il mare. Perché nel frattempo tutto il grigio se ne è andato: e non so come e non so quando sia accaduto. Me lo mette al polso e dice semplicemente: "Lo lascio a te perché qui c’è Alì".

Non aggiunge molto e se lo fa non sono più in grado di ascoltare parole. Sento il suo battito. Sento di nuovo il rumore del mare che si è calmato. Sento tornare in circolo confusamente vecchi pensieri e nuove certezze. Sento che, nella piatta devastazione della mia vita, la piccola crepa di speranza, che finalmente mi rianima, la devo a un seme che mi ha appena regalato uno sconosciuto ragazzo del Burkina Faso.

Alì raccoglie le sue poche cose in istanti interminabili eppure troppo brevi: vorrei dirgli di restare, vorrei avere una casa grande dove dare accoglienza a chi ne ha bisogno, vorrei trovare le parole giuste per raccontare alle mie figlie quello che sta accadendo in riva al mare in un normale pomeriggio di mezza estate (e vorrei tanto dirlo anche a quel pezzetto di cuore razzista e qualunquista che è dentro ciascuno di noi/di voi). Quando si alza, saluta rapidamente con alcune parole nella sua lingua. E si allontana.

Stringo la mano di Arcangelo in silenzio. Riesco solo a guardare l’orizzonte e pensare cose come… dio ti benedica.

E che le coincidenze non esistono.

Venerdì 31 luglio 2015

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