Viterbo | l'ex pm rappresenta la parte civile

Caso Attilio Manca, Antonio Ingroia

«Tutti vogliono la prescrizione»

Chiesto il rinvio a giudizio per Monica Mileti, accusata di spaccio. Ma la famiglia dell'urologo siciliano scomparso dieci anni fa si è rivolta alla Procura nazionale antimafia e accusa gli inquirenti viterbesi: «Superficiali e lacunosi»

di Sabrina Mechella

Tribunale di Viterbo, Antonio Ingroia e il suo collaboratore Antonio De Felice
Tribunale di Viterbo, Antonio Ingroia e il suo collaboratore Antonio De Felice

«Tutti vogliono la prescrizione». Ne è convinto Antonio Ingroia, presente stamani in tribunale a Viterbo in rappresentanza – con l’avvocato Fabio Repici, assente in questo caso – della famiglia di Attilio Manca, il giovane urologo in servizio all’ospedale viterbese Belcolle, allora 34enne, trovato morto nella sua abitazione di Viterbo il 12 febbraio del 2004. Un giudizio, quello dell’ex procuratore aggiunto di Palermo, candidato premier a capo della lista Rivoluzione Civile e avvocato penalista dall’ottobre scorso, molto duro con la Procura viterbese, colpevole, a suo dire, di «atteggiamento pregiudiziale» nei confronti della vicenda di Attilio Manca.

La famiglia dell’urologo di Barcellona Pozzo di Gotto (Me), all’epoca in servizio all’ospedale viterbese Belcolle, non ha mai creduto al decesso del giovane per overdose, come invece sostenuto dalla Procura viterbese. Da sempre i genitori e i parenti di Manca affermano che a ucciderlo sia stata un’organizzazione mafiosa siciliana, inscenando poi un finto suicidio. Il medico avrebbe partecipato all’operazione alla prostata praticata sul boss mafioso Bernardo Provenzano in una clinica a Marsiglia, in Francia. Per questo sarebbe diventato un testimone scomodo, da eliminare. Gli avvocati Ingroia e Repici, convinti che si tratti dunque di un delitto di malavita organizzata, hanno richiesto alla Procura nazionale antimafia e a quella di Roma di prendere in mano la vicenda.

Stamattina in udienza preliminare davanti al giudice Franca Marinelli la conclusione del pm Renzo Petroselli che ha riaffermato la tesi secondo la quale Attilio Manca sarebbe morto a causa di una dose di droga rivelatasi per lui fatale, droga fornita dall’unica imputata del procedimento Monica Mileti, 45 enne romana accusata di spaccio di stupefacenti e di omicidio colposo per cessione di droga, assente in aula. Per l’omicidio colposo Petroselli stamani ha chiesto il proscioglimento in quanto il reato è stato prescritto nel 2011, mentre ha confermato la richiesta di rinvio a giudizio per lo spaccio. Ma Ingroia è convinto che la Procura viterbese cerchi in tutti i modi di arrivare alla prescrizione per chiudere la storia «senza ulteriori clamori».

Ancora più duro il giudizio di Gianluca Manca, fratello dello scomparso, che stamattina ha annunciato la costituzione di parte civile della sua famiglia: «L’abbiamo fatto perché cerchiamo la verità – ha affermato - perché in dieci anni nessuna indagine è stata condotta a 360 gradi ma solo in modo superficiale e lacunoso. La Procura aveva il dovere di tutelare la vittima e noi familiari, cosa che non ha fatto». A prova del coinvolgimento della Mileti nella morte di Attilio Manca ci sarebbe un’impronta dell’urologo rinvenuta nell’auto della donna. «Si conoscevano – spiega il fratello – e Milena aveva chiesto ad Attilio di darle una ricetta medica. Per questo motivo si erano visti». La Procura viterbese è convinta che invece la morte di Attilio Manca sia stata causata da un evento tragico, ma riconducibile alla sua tossicodipendenza, come avrebbero dichiarato alcuni testi citati dal pm. Nella prossima udienza, fissata per il 3 febbraio, a parlare stavolta saranno Ingroia e Repici, poi sarà la volta di Cesare Placanica, difensore di Monica Mileti.

Lunedì 20 gennaio 2014