Tarquinia | Università della tuscia
Il programma di ripopolamento, unico in Italia, è stato realizzato dal Centro ittiogenico marino diretto da Giuseppe Nascetti, ordinario di Ecologia. In tre anni rilasciati oltre sessantamila esemplari
Diecimila “cuccioli” di astice hanno conquistato la libertà oggi pomeriggio. Altri quaranta mila li raggiungeranno nei prossimi mesi. E’ lo straordinario risultato portato a termine dal Cismar (Centro ittiogenico sperimentale marino) dell’Università della Tuscia, diretto da Giuseppe Nascetti, professore ordinario di Ecologia e ideatore del progetto. «Un lavoro iniziato cinque anni fa, due dei quali sono stati impiegati nella ricerca e nello studio dell’allevamento in cattività degli esemplari, per passare poi al rilascio di questi una volta raggiunto uno stadio ideale - ha spiegato Nascetti - che si inserisce nel programma di ricerca per la ripopolazione delle specie marine tra cui il riccio e l’astice, reso possibile grazie ai finanziamenti regionali e al sostegno della Fondazione Cassa di Risparmio di Civitavecchia. Grazie a questo progetto in soli tre anni sono stati rilasciati oltre 60 mila esemplari nelle coste laziali e circa 80 mila in quelle calabresi».
«L’obiettivo è la gestione delle risorse delle fascia costiera - ha aggiunto lo studioso - seguendo quello che in molti Paesi europei già si fa da molto tempo: basti pensare che in Scozia, nelle isole Orcadi, sono stati liberati nelle acque nazionali circa 600 mila astici l’anno. Ormai non è più necessario il ripopolamento a opera dell’uomo e, proprio per la presenza florida di questi crostacei, ogni anno si celebra la Sagra dell’astice europeo. La gestione consapevole e responsabile delle risorse ittiche in Italia è necessaria, dal momento che nei primi quattro mesi il nostro paese consuma le riserve di pesce dell’anno intero». Nascetti, assistito da otto studenti al secondo anno e un dottorando di ricerca del Cismar, è salito a bordo dell’imbarcazione dell’Università della Tuscia e si è diretto nell’area di tutela marina al largo della località S. Agostino (al confine tra il territorio di Civitavecchia e di Tarquinia) dove poi ha rilasciato i piccoli di astice un apposito cestello a 20 metri di profondità.
La percentuale di sopravvivenza degli esemplari è molto alta, intorno all’85 per cento, proprio perché i piccoli vengono rilasciati nella posidonia oceanica, dove hanno la possibilità di nascondersi dai predatori. «Stiamo lavorando per istituire una Zona di tutela biologica in queste aree specifiche della costa tirrenica – ha anticipato Giuseppe Nascetti – un’area gestita dall’Università assieme ai pescatori per praticare una pesca responsabile. Lo scopo è quello di aumentare il reddito dei lavoratori, pescando di meno e guadagnando di più. E ciò è possibile solo se si rispettano i tempi naturali di ripopolamento ittico».
Lunedì 13 gennaio 2014