Viterbo | cronache animali
Nuova udienza nel processo a carico di Anna Maria Fontana e Carmelo Cassone per uccisione, maltrattamento e sevizie su animali (art. 544 bis, ter e quater del codice penale)
di Sabrina Mechella
«I cuccioli appena messi dentro al secchio nell’acqua cercavano di nuotare, poi affogavano». Un passaggio drammatico quello della testimonianza resa stamani in aula da C. Patirana, ex operaio di origini cingalesi che dal 2009 fino al 2012 prestava servizio nel canile Fontana di Viterbo. Il processo vede imputati nel Tribunale di Viterbo, davanti al giudice Giacomo Autizi, Anna Maria Fontana e Carmelo Cassone per uccisione, maltrattamento e sevizie su animali (art. 544 bis, ter e quater del codice penale), accusati di aver deliberatamente affogato dopo la nascita i cuccioli partoriti dalle cagne detenute nella loro struttura privata. Paritana, assistito dall’interprete cingalese, ha confermato quanto detto già nella scorsa udienza, ossia che i cani maschi e femmine venivano messi assieme nelle stesse gabbie e che i cuccioli partoriti dalle femmine venivano affogati dentro dei secchi con l’acqua e poi smaltiti come normale spazzatura. Circostanza confermata anche dall’altro operaio cingalese, Sisira Kumara: «Vedevo le cagne incinte e poi non vedevo più i cuccioli. Mi chiesero di uccidere i piccoli ma io sono buddista e la mia religione mi vieta di fare del male».
La parola poi è passata ai testi della difesa: Giuseppe Dore, Sonia Desideri e Nicodemo Franconeri. Dore fu chiamato da settembre 2011 a marzo 2012 in canile in veste di investigatore privato per sorvegliare gli operai: «Riscontrai una totale mancanza di voglia di lavorare, inoltre appurai che loro si assentavano durante l’orario di lavoro per svolgere l’attività di giardinieri in una villa a Bagnaia. Non ho mai assistito a uccisioni; è possibile che ci sia stato un operaio rumeno». L’uomo in questione, secondo la testimonianza resa nella scorsa udienza da Patirana, sarebbe stato l’uccisore materiale dei cuccioli: «Finché c’era lui io vedevo nascere i cuccioli ma non sapevo che fine facessero – ha raccontato Paritana al giudice -. Poi lui se n’è andato è allora la signora (indicando in aula l’imputata ndr) ha chiesto a me di ucciderli. Io le ho detto che non potevo farlo, perché sono buddista e la mia religione mi vieta di uccidere ogni essere vivente. A quel punto io vedevo nascere i cuccioli e mi veniva chiesto di separarli dalla madre. Il giorno dopo li trovavo morti in un secchio, il signor Mario (così l’operaio chiamava il consorte dell’imputata ndr) li metteva in una busta e li gettava nel cassonetto».
Sonia Desideri, responsabile dell’associazione M.a.r.e.ha confermato le deposizioni rese nelle scorse udienze: «Sì, erano messi insieme cani maschi e femmine ma arrivavano in canile non sterilizzati per colpa della Asl e comunque i cuccioli venivano poi tenuti a spese dei gestori della struttura». Nicodemo, allevatore di cani di razza Boxer e Bassotto, ha confermato di conoscere bene il canile e di esserne stato frequentatore assiduo dal 2007 in poi: «Mi recavo sul posto anche più volte a settimana e non ho mai assistito a uccisioni di cuccioli. Poteva capitare che io chiedessi ai gestori di far allattare i piccoli delle mie cagne che avevano poco latte alle femmine del canile che avevano partorito».
La vicenda ha inizio nel marzo 2012, quando Loredana Pronio e Stefania Pierleoni, rispettivamente presidente e vice presidente dell’associazione animalista Federfida onlus, ricevono una segnalazione da tre volontarie viterbesi: Nunzia Casini, Rita Storri e Paola Vicidomini. Le tre volontarie sarebbero a conoscenza di fatti gravi ai danni degli animali che avvengono all’interno della struttura, in particolare di cuccioli appena nati affogati nell’acqua e poi gettati nel cassonetti della spazzatura. «Nel marzo 2012 la nostra federazione fu stata contattata dalle tre volontarie – ha spiegato Stefania Pierleoni – le quali ci chiesero aiuto rispetto a una situazione di probabile reato a danno di animali e ambiente più volte verificatosi nel canile Fontana di Viterbo. Il 17 marzo, quindi, incontrammo le tre volontarie sopra citate che fecero conoscere due uomini di nazionalità cingalese. I due signori lavoravano come operai nel canile privato in questione e tra le varie mansioni avevano anche quelle di accudire gli animali. Ci raccontarono che si erano dimessi da quel lavoro perché non riuscivano più a sopportare le violenze fatte nei confronti dei cani, in particolare uccisioni crudeli e deliberate. Ci specificarono che durane il periodo in cui avevano prestato servizio nel canile il numero dei cuccioli uccisi era elevatissimo, frutto della mancata sterilizzazione delle femmine (nella denuncia presentata dalle rappresentanti di Federfida si parla di 1200-1400 cuccioli ndr).
A riprova di quanto detto i due operai ci fecero visionare un video realizzato nella struttura, in cui si vedevano dei cuccioli appena nati presi e affogati con l’acqua in un secchio. Nel video si vedeva anche che i cadaveri dei piccoli venivano gettati in alcuni sacchi neri e poi smaltiti come normale spazzatura. Fui colpita da una scena molto drammatica, in cui una cagna bianca e grigia veniva trattenuta perché voleva andare dai suoi cuccioli che stavano morendo affogati in un secchio. Per avere la riprova del fatto che le cagne della struttura non venivano sterilizzate consigliai a una volontaria di adottane una. Così fece, la cagnolina era ospite dal 2006 e nel 2011, quando fu adottata, era ancora integra».
Appresi i fatti Loredana Pronio si recò dall’allora procuratore capo Tribunale di Viterbo, Alberto Pazienti, al quale fece vedere il video. Da qui la denuncia formale a opera della Guardia Forestale di Viterbo. In seguito la stessa Forestale poi pose sotto sequestro la struttura nel maggio successivo. Duro il commento della Pronio capo dipartimento "Tutela animali" di Fratelli d’Italia - An e presidente Federfida onlus al termine delle deposizioni dei testi della difesa: «Io vorrei chiedere al signor Nicodemo: mentre i suoi cuccioli prendevano il latte dalle cagne del canile Fontana i piccoli di queste femmine dove stavano? E poi non posso anche non domandarmi: i video acquisiti dalla Procura che mostrano l’uccisione dei piccoli sono falsi? La Procura di Viterbo ha intentato un processo per niente? Ovviamente le mie sono domande retoriche - aggiunge la Pronio - e comunque voglio sottolineare che la nostra priorità è di presentare un disegno di Legge che modifichi la 189/2004, che attualmente prevede una pena massima di 18 mesi di carcere per uccisione di animali e 12 mesi per maltrattamento. Noi vogliamo portare la pena almeno fino a tre anni, affinché chi si macchia di certi reati finisca finalmente in galera». L’udienza è stata sospesa e rinviata al 1 marzo 2018, per discussione e sentenza.
Giovedì 21 settembre 2017