Viterbo | fauna selvatica
"È ormai noto che l’aver affidato al mondo venatorio la gestione faunistica di questa come di altre specie ha aggravato enormemente una situazione creata, tra l’altro, proprio dalle immissioni di questi animali a fini di caccia"
Cinghiali: sono troppi, fanno danno, creano problemi agli automobilisti e alle coltivazioni. Ogni tanto a livello nazionale e anche nella Tuscia riparte l'allarme rispetto a questa specie selvatica ma, al di là delle rimostranze di cittadini e allevatori, il problema - se esiste un problema - resta tale. Le autorità preposte sembrano brancolare nel dubbio e si affidano spesso all'improvvisazione. Di seguito la nota di Andrea Brutti responsabile nazionale Enpa della fauna selvatica, che analizza il problema a 360 gradi e propone, punto per punto, soluzioni scientifiche, serie e di facile attuazione.
I cinghiali sono periodicamente alla “ribalta” delle cronache. L’Ente Nazionale Protezione Animali propone una serie di procedure da applicare prioritariamente rispetto a qualsiasi forma di controllo selettivo, per attuare nuove politiche a 360 gradi sul territorio che prevedano, gradualmente, diverse fasi e diversi livelli di coinvolgimento (istituzioni, associazioni, agricoltori e allevatori). È ormai noto, infatti, che l’aver affidato agli abbattimenti e al mondo venatorio la gestione faunistica di questa come di altre specie, non solo si è dimostrato inutile ed eticamente scorretto, ma ha aggravato enormemente una situazione creata, tra l’altro, proprio dalle immissioni di questi animali a fini di caccia. Di seguito, ecco le misure che secondo la Protezione Animali andrebbero attuate anche ai sensi dell’art. 19 della legge 157/92, il quale stabilisce che - prima di procedere ad inutili abbattimenti - l'Ispra ponga in essere metodi ecologici per la prevenzione, verificandone successivamente la loro efficacia, caso per caso.
CENSIMENTI DI VERIFICA SULL’ENTITÀ DELLA POPOLAZIONE.
Il censimento, a opera di istituti scientifici riconosciuti, deve avvenire non solo su possibili stime, ma occorre partire da dati certi per comprendere il fenomeno, inteso nella sua globalità e nelle sue variabili e componenti ambientali e sociali. Occorre quindi non solo avere un numero degli esemplari più vicino possibile a quello che può essere realmente, ma è necessario, ad esempio, valutare e accertare danni, esaminandone le dinamiche e finalizzare il tutto ad un necessario studio sulle cause ambientali che hanno causato il tutto, anche portato a una eccessiva proliferazione degli animali, quest’ultima sempre denunciata ma mai scientificamente e oculatamente accertata.
VIETARE I RIPOPOLAMENTO DEI CINGHIALI
Necessario vietare i ripopolamenti di cinghiale in tutto il territorio amministrato. Le istituzioni dovrebbero altresì adoperarsi, anche politicamente, affinché vi sia un provvedimento nazionale di divieto da parte del Governo.
MISURE SUGLI ALLEVAMENTI DI CINGHIALI
È ormai improcrastinabile un attento e minuzioso controllo sulle aziende che allevano cinghiali a fini alimentari. Gli allevamenti autorizzati devono garantire, attraverso recinzioni adeguate, che nessun animale possa fuggire. In una situazione di “emergenza”, meglio sarebbe arrivare a chiudere definitivamente tale forma di allevamento con una moratoria.
CONTROLLO DEL TERRITORIO
È necessario un attento coordinamento tra enti parco, associazioni, istituzioni e forze dell’ordine come il Corpo Forestale per evitare il fenomeno dei piccoli allevamenti abusivi di cinghiali, sempre finalizzati alle immissioni illegali a scopi venatori. Tali controlli devono essere realizzati ai sensi della legge 157/92, 150/92 e anche dell’art. 544 bis e ter del Codice Penale.
CONTROLLO E DIVIETO DI ALLEVAMENTO ALLO STATO BRADO DI SUIDI
I suini lasciati liberi di pascolare, senza alcuna recinzione o forma di sorveglianza, hanno un impatto fortemente negativo poiché i cinghiali si possono riprodurre con loro. È un fenomeno, quello dell’“ibridazione”, noto da anni su cui però è ormai giunto il momento di intervenire concretamente ed efficacemente, vietando o regolamentando con vincoli stringenti l'allevamento allo stato brado (a esempio, rendendolo possibile su una porzione di territorio adeguatamente sorvegliata, meglio ancora recintata).
CONTROLLO NELLE FIERE E NEI RISTORANTI
È necessario avviare delle indagini sul mercato della carne di cinghiale, spesso illegale, destinata alla ristorazione, in particolar modo quella utilizzata nelle sagre. Molte volte il ricorso agli abbattimenti viene “stimolato” non solo da associazioni venatorie, ma anche da questo “mercato” – pressioni di cui non si dovrebbe tener conto nella gestione faunistica. Gli abbattimenti dei cinghiali hanno un ruolo importante nella diffusione di patologie infettive, quindi i controlli devono avvenire anche per la tutela della pubblica salute.
DIVIETO DI FORAGGIAMENTO
Tutti gli enti devono vietare in assoluto la pasturazione e il foraggiamento dei cinghiali, spesso praticata abusivamente dai cacciatori per poi denunciare presunte “sovrappopolazioni” ed essere chiamati a limitarne il numero.
VENDITA DEI CINGHIALI
Sarebbe opportuno vietare la compravendita dei cinghiali, che spesso avviene anche attraverso canali quali siti internet di annunci (ebay, subito.it, eccetera). In attesa che ciò accada, dal momento che su tali siti vengono indicati i recapiti e la località dell' “allevatore” è possibile attuare delle forme di controllo in collaborazione con il Corpo Forestale (ai sensi delle normative sopra citate, in particolare ai sensi della legge 150/92 – specie considerate pericolose).
DIVIETO DI EFFETTUARE RIPOPOLAMENTI
Abolire tutti i ripopolamenti venatori, anche di lepri e fagiani. Tali ripopolamenti sono causa prima di danni al settore agricolo – soprattutto in riferimento alle due specie sopra citate – e creano gravi squilibri ecologici con conseguenze sulle altre specie (ad esempio minore disponibilità di cibo dovuta ad una maggiore concorrenza, e via dicendo).
MIGLIORAMENTO DELLA SITUAZIONE RELATIVA ALLO SMALTIMENTO DEI RIFIUTI
Una delle fonti alimentari del cinghiale è costituita dai rifiuti, non solo quelli prodotti nei grandi centri abitati, ma anche quelli dei piccoli paesi. È indispensabile quindi eliminare l’accesso ai rifiuti, o ancor meglio rendere più efficace il processo della raccolta e lo smaltimento dell’immondizia.
CORRETTA INFORMAZIONE SCIENTIFICA SULLA FAUNA SELVATICA
Sebbene spesso sottovalutata, la diffusione della cultura scientifica ed etica, in particolare sull'etologia degli animali e su come comportarsi in caso di incontro ravvicinato, è prioritaria poiché contribuirebbe a fare in modo che azioni non corrette possano scatenare nel selvatico reazioni totalmente naturali ma potenzialmente pericolose per l’uomo. Organi quali gli enti parco, o comunque le istituzioni, dovrebbero altresì provvedere a promuovere la conoscenza degli animali selvatici e dell’ambiente ma anche soffermarsi sul il rispetto della normativa – legge 157/92, 150/92, 394/91 e il Codice Penale, art. 544 bis e ter - con un'attività “porta a porta” se necessario.
SICUREZZA STRADALE
Esistono dispositivi che, se utilizzati, possono ridurre a zero il rischio di incidenti, causati spesso dall’alta velocità. Autovelox ad esempio rappresentano un efficace deterrente che obbliga gli automobilisti ad una andatura moderata mentre le bande e i dossi artificiali li costringono ad una guida prudente. Tali dispositivi naturalmente devono essere accompagnati da opportuna e adeguata segnaletica stradale. Oltre a questi sistemi tradizionali ne esistono anche altri, sperimentali, già adottati nell'ambito di specifici progetti Life: si tratta di sensori, centraline, altoparlanti, avvisi luminosi e di una segnaletica specifica che, se installati correttamente, contribuiscono alla sicurezza stradale senza impedire alla fauna selvatica di circolare liberamente
METODI ECOLOGICI PER LA PREVENZIONE DEL DANNO
Per quanto riguarda le coltivazioni, esistono vari metodi di protezione, anche non troppo limitativi alla circolazione di tutta la fauna selvatica. Tali sistemi, la cui applicazione - ai sensi della legge 157/92 art. 19 - è prioritaria rispetto agli abbattimenti, risultano particolarmente efficaci quando vengono utilizzati contemporaneamente: dissuasori olfattivi, sonori, meccanici ed elettrici (questi ultimi due hanno una maggiore efficacia nel tempo). I dissuasori elettrici, alimentati da energia solare, possono essere particolarmente utili in appezzamenti non di grandissime dimensioni, perché “bloccano” l’accesso ai cinghiali ma consentono l’attraversamento alla fauna minore
VIETARE LA CACCIA AL CINGHIALE: LA RISOLUZIONE DEL GOVERNO.
L’attività venatoria ha procurato moltissimi problemi in relazione a tante specie, tra cui i cinghiali (cacciabili durante la “normale” stagione venatoria), la cui presenza su vasta scala è dovuta proprio ai ripopolamenti effettuati ad uso e consumo dei cacciatori. È noto infatti che le uccisioni indiscriminate hanno causato e continuano a causare una destrutturazione dei branchi, poiché spesso ad essere uccisa è proprio la matriarca. Ciò determina la dispersione sul territorio di femmine che possono andare a creare altri branchi aumentando così il potenziale riproduttivo della specie. Si evidenzia come anche il Governo sia intervenuto sul tema con una specifica risoluzione, di cui riportiamo una parte molto importante: “…in particolare, a differenza di quanto si sia erroneamente ritenuto fino ad oggi, l’ordinaria attività venatoria, così come viene organizzata e gestita in Italia, non rappresenta una forma di controllo delle popolazioni di cinghiale, tanto meno può rappresentarlo un’estensione del periodo di prelievo (deregulation dei calendari venatori) o la concessione del prelievo in aree altrimenti protette. Altresì, l’attività venatoria ha determinato negli anni una destrutturazione della piramide delle classi di età, agevolando la riproduzione degli esemplari più giovani, abbattendo i capi adulti con più di due anni di età; in particolare, i metodi di contenimento non cruento, quali le recinzioni meccaniche permanenti e le recinzioni elettrificate (Allegato 1, Metodi di prevenzione diretta dei danni da cinghiale, Linee guida per la gestione del Cinghiale, Ispra) ed il trappolaggio per la successiva sterilizzazione farmacologica (Allegato 3, Sistemi di cattura del cinghiale), benché risolutive ed eticamente accettate, non trovano applicazione o perdono di efficacia a causa della mancanza di applicazione da parte degli enti territoriali preposti, di uno schema di piano per la programmazione degli interventi di controllo numerico del cinghiale nelle aree protette (Allegato 2, delle Linee guida per la gestione del Cinghiale) e della presenza di coadiutori ai piani di controllo numerico del cinghiale, formati secondo lo schema dell’Allegato 4 delle Linee guida per la gestione del Cinghiale”.
STOP AGLI ABBATTIMENTI SELETTIVI
Gli abbattimenti selettivi non rappresentano una soluzione efficace, né duratura nel tempo: se, dopo tanti anni di politiche di uccisioni degli animali selvatici, il problema è aperto, ciò significa che la politica finora adottata non è la soluzione del problema. È dall'analisi di questa politica fallimentare che occorre partire, considerando anzitutto la gestione faunistica come materia da cui il mondo venatorio deve essere necessariamente escluso, anche in qualità di “selecontrollore”. È ormai giunto il momento di un radicale cambio di strategia e di approccio alla materia, coinvolgendo associazioni animaliste, ambientaliste, istituzioni locali ed enti-parco. Questo, per evitare ogni possibile forma di interesse privato che si traduce in una possibilità di sparo (di fatto simile alla caccia anche nelle tecniche utilizzate) all’interno di un parco il cui territorio è ovviamente precluso all'esercizio dell'attività venatoria. Ad esempio, per la “gestione faunistica”, in Italia si utilizza ancora la tecnica della “braccata”, assolutamente non selettiva ma molto gradita ai cacciatori. Si evidenzia inoltre come le attività legate alla caccia di selezione, oltre che osteggiate dai cittadini, siano fortemente impattanti sulla fauna selvatica, soprattutto durante la fase della riproduzione e dipendenza dei piccoli dai genitori e della migrazione prenuziale. Questo entrerebbe non solo in contrasto con le direttive europee (in particolare la “Uccelli” – direttiva recepita dalla legge 157/92 tutela esplicitamente questi periodi – direttiva recepita dalla legge 157/92 e successive modifiche) ma con le finalità di tutela e conservazione del parco stesso.
Enpa, Onlus Sede Centrale: 00192 Roma – Via Attilio Regolo, 27 – Tel. 06.3242873/4 – Fax 06.3221000 – www.enpa.it - e-mail enpa@enpa.it. La Protezione Animali dal 1871.
Martedì 31 maggio 2016