Viterbo | ambiente e società
Gli interventi di Umberto Cinalli e Giuseppe Nascetti: molte le domande da parte del pubblico e non soltanto sull’aspetto ambientale della consultazione popolare
Grande affluenza di pubblico, ieri pomeriggio, all’incontro “Trivelle sì, trivelle no. Ecco i motivi del referendum e perché è importante andare a votare”, organizzato al Caffè Letterario di Viterbo e promosso dal Comitato “Viterbo vota Sì per fermare le trivelle”. Introdotti dal giornalista Gianni Tassi, fiduciario per la provincia di Viterbo dell’Associazione Stampa Romana, il professor Giuseppe Nascetti, ordinario di Ecologia e Biologia Marina all’Università della Tuscia, e Umberto Cinalli, Educatore ambientale - Legambiente. Tante le questioni affrontate nel corso dell’incontro che aveva lo scopo di fare chiarezza sul prossimo referendum del 17 aprile, su cui i media, finora, si sono soffermati ben poco, prima tra tutte la posizione del premier Matteo Renzi, che ha invitato ad astenersi. «Un fatto sconcertante – ha esordito Cinalli – ricordiamo che, secondo gli articoli 48 della Costituzione e 98, testo unico delle elezioni l’astensione indotta dai pubblici ufficiali o da chi ricopre una carica pubblica è reato. Il ministro dell’Ambiente, Gian Luca Galletti, ha addirittura espresso pubblicamente l’intenzione di votare No, definendo un pericolo il raggiungimento del quorum parlando di “consultazione ideologica!».
Cinalli si è poi soffermato su un’altra questione di cui non si parla: le direttive europee in merito alle estrazioni: «Queste stabiliscono che l’estensione e la durata delle concessioni debbano “essere limitate in modo da evitare di riservare a un unico ente un diritto esclusivo su aree per le quali la prospezione, la ricerca e la coltivazione possono essere avviate in modo più efficace da diversi enti” (direttiva 94/22/CE). Quindi la norma che questo referendum vuole abrogare appare in contrasto con il diritto comunitario e potrebbe portarci a una procedura di infrazione».
E ancora, i dati relativi alle strutture estrattive: «Delle 88 piattaforme operanti entro le 12 miglia, ben 35 non sono di fatto in funzione: 6 risultano “non operative”, 29 sono classificate come “non eroganti”, altre 29 sono considerate “eroganti” sotto la franchigia, cioè sotto la soglia di produzione che esenta dal pagamento delle royalties (in alcuni casi da 10 anni). Quindi solo 24 piattaforme operano estraendo idrocarburi al di sopra della franchigia: appena il 27 per cento delle strutture. Quindi, votando No, di fatto le imprese hanno la possibilità di non smantellare più queste enormi cattedrali nel mare, con evidenti rischi per l’ambiente».
Cinalli ha poi affrontato la questione più citata, i posti di lavoro: «Secondo lo studio Unioncamere-Si Camera – Quarto rapporto sull’economia del mare”, l’industria estrattiva marina in tutta Italia conta circa 6000 impiegati nel 2014. Sempre nello stesso rapporto si fa notare che di tutti i settori dell’economia marina quella estrattiva sia quella che produce meno posti di lavoro a parità di valore aggiunto. Ricordo che al nostro paese le multinazionali dell’energia hanno versato solo 340 milioni di euro. Se pensiamo che l’industria del turismo produce un impatto economico di oltre 19 miliardi, la pesca dà lavoro a circa 60 mila persone, che il nostro patrimonio culturale vale il 5,4% del Prodotto interno lordo e che dà lavoro a un milione e mezzo di persone, che il comparto agroalimentare dà lavoro a 3,300 milioni di persone mi chiedo: di cosa stiamo parlando?».
Dopo il lungo intervento di Cinalli è stata poi la volta del professor Giuseppe Nascetti, che ha affrontato l’aspetto prettamente ambientale: «Noi stiamo decidendo il futuro che vogliamo e dobbiamo farlo ora. A Parigi, lo scorso dicembre, l’Italia assieme ad altri 194 paesi ha sottoscritto un accordo che prevede l’attuazione di tutti gli strumenti necessari per contenere entro i 2 gradi l’innalzamento della temperatura globale e questo si può fare solo riducendo il più possibile l’utilizzo di combustibili fossili – petrolio, carbone, idrocarburi. A Parigi ci siamo impegnati a lasciare sotto terra gran parte delle riserve certe di idrocarburi. Pensate che in soli 200 anni noi abbiamo liberato gran parte di tutto l’accumulo di questi giacimenti prodotti in milioni di anni, le conseguenze sull’ambiente le conosciamo tutti e sono incontrovertibili. Dobbiamo assolutamente invertire la tendenza del nostro sistema di sviluppo, dobbiamo firmare una convenzione col pianeta.
A proposito delle tecniche di ricerca (cosiddette Airgun), posso confermare che producono danni notevoli alla fauna marina, specie ai grandi mammiferi. Mi è capitato di essere chiamato in qualità di scienziato durante l’ultimo spiaggiamento di alcuni capodogli nell’Adriatico per capirne le cause e ho rinvenuto negli stomaci materiale plastico. Sono animali che si nutrono di calamari ma è plausibile che queste tremende esplosioni di aria sotto il mare provochi forte stress e disorientamento in questi animali, al punto di far scambiare loro le plastiche per cibo e a farle finire sulle spiagge. Naturalmente molti di noi diranno che la vita di noi esseri umani vale molto di più di una balena, ma purtroppo non è così. Stiamo vivendo la sesta estinzione di massa del pianeta, quella dell’Era dominata dall’uomo, l’Antropocene. Migliaia di specie viventi scompaiono ogni giorno, questo consumismo esasperato ci sta portando alla distruzione. E questa realtà è incontrovertibile, perché ormai è confermata da team di scienziati accreditati. Se vogliamo dare un segnale di cambiamento dobbiamo darlo subito, non possiamo più aspettare né delegare ad altri il nostro futuro».
Molte le domande da parte del pubblico e non soltanto sull’aspetto ambientale del referendum. Alcune hanno riguardato i posti di lavoro, i costi dello smaltimento e più in generale il futuro sull’approvvigionamento energetico in Italia. Insomma alla fine chi voleva più informazioni è stato accontentato. L’incontro poi si è chiuso con una raccomandazione: “O per il sì o per il no, andate comunque a votare”.
Venerdì 8 aprile 2016