voci dalla palestina
Il reportage di Rami Balawi, maestro elementare palestinese che è andato ad ascoltare le voci degli abitanti del luogo: «Viviamo alla giornata, abbiamo perso la speranza»
di Ramy Balawi
Un anno dopo la fine della guerra israeliana a Gaza nulla sembra essere cambiato. La situazione umanitaria è diventata più tragica e sull'orlo del disastro globale a causa del blocco israeliano, così come ciò che la guerra ha lasciato: migliaia di famiglie sfollate a causa delle loro case distrutte durante il conflitto. A oggi nessuna di queste abitazioni è stata ricostruita, solo qualcuna è stata risistemata.
Mentre stavo camminando nel quartiere Shijaia nella parte orientale della città di Gaza, ho visto che i suoi edifici sono diventati un mucchio di pietre lungo le strade o comunque sono ancora fatiscenti. Le pareti e i tetti delle abitazioni sono danneggiati dai fori delle pallottole e ricoperti da nylon. C'erano alcuni bambini che stavano giocando sotto le macerie delle case distrutte e alcuni giovani stavano spaccando alcuni massi degli edifici per estrarre il ferro e venderlo.
Hossam Autef che vive nella sua abitazione diroccata a causa dei bombardamenti durante la guerra, ha detto: «Io vivo nella mia casa sgangherata da quando è finita la guerra. Qui una volta c’era un edificio di quattro piani, in cui vivevamo noi quattro 4 fratelli sposati, mia madre e mio padre. Dopo la guerra i miei tre fratelli e le loro mogli hanno preso in affitto degli appartamenti, mentre io vivo qui con i miei figli, mia moglie e i miei genitori perché non ho un altro rifugio, perché gli appartamenti in affitto sono molto costosi e non funzionano». E ancora, mi ha detto: «L'inverno è passato e ora siamo in estate di nuovo e io ancora non so quando cadrà questa casa sgangherata su di noi, forse sono fortunato più di altre famiglie che sono morte sotto le macerie. Viviamo in preda alla disperazione, perché sentiamo le promesse di delegazioni internazionali che arrivano a Gaza e dicono che presto ci sarà la ricostruzione, ma in realtà su questa terra nulla è cambiato dalla fine della guerra. Spero di ricostruire la sua casa presto, non so se c'è una luce alla fine di questo tunnel buio o no».
Moataz Msbah mi ha detto della sua disperazione: «Come vedete la casa è senza porte né finestre, solo alcuni pezzi di nylon e tessuti messi al posto loro perché non ho i soldi per fare i lavori. Tutti vengono qui per scattare foto con noi, mentre nessuno sente la nostra sofferenza in questa vita miserabile. Vivo con la mia famiglia giorno per giorno, con il timore di svegliarmi in una nuova guerra. Dalla fine del conflitto vivo in ansia e tensione perenne, non vi è alcuna possibilità di vivere in una vita sicura non è per noi e per i nostri figli, quindi spero di riparare la mia casa di vivere con la mia famiglia dignitosamente come gli altri».
Um Salim che era seduta davanti alla sua casa distrutta cuocendo il cibo con la legna mi ha confessato: «Ho perso mio marito durante la guerra e le lacrime corrono sempre sotto i miei occhi (modo di dire gazavo per esprimere il dolore ndr). Nella mia abitazione distrutta dopo la guerra non è rimasta che questa camera che fa da rifugio per me e per i miei figli. Sempre meglio che vivere in mezzo alla natura o nelle tende. I miei figli stanno raccogliendo mobili dalle case distrutte per ricavare la legna per cucinare il cibo, non ho nulla, solo qualche aiuto alimentare. Aspetto ancora di ricostruire la mia casa come migliaia di famiglie che hanno perso le loro abitazione durante la guerra o magari che qualcuno ci aiuti a pagare l'affitto. Ho paura per i miei figli, perché la casa che è vicino alla nostra è stata bombardata durante la guerra ed è pericolante, i miei bambini ci giocano sotto e potrebbe cadere su di loro in ogni momento». Um mi ha detto che ha perso la speranza: «Qui vivono solo i nostri corpi, perché tutto nella nostra vita è stato distrutto: non c'è futuro». Le ho detto “ma cerchiamo di essere fiduciosi” e lei invece ha ribadito di aver perso la speranza e la fiducia da quando il marito è morto durante l'ultimo conflitto israeliano.
Il funzionario Unrwa ha detto il mese scorso che per ricostruire Gaza ci vorranno trenta anni a causa della mancanza di finanziamenti da parte dei donatori internazionali. Il tasso di disoccupazione a Gaza è aumentato, nel 2014, del 44 per cento – “probabilmente il più alto del mondo" - e la disoccupazione tra i giovani di Gaza è del 60%: l'economia è sull'orlo del collasso. Secondo una dichiarazione del rapporto della Banca Mondiale dell’ultimo mese il tasso di poveri a Gaza il 90% e quattro su cinque abitanti di Gaza ricevono “qualche aiuto”, mentre la relazione delle Nazioni Unite sulla guerra a Gaza ha detto che il recente conflitto influenzerà le generazioni future a causa della grande distruzione del territorio.
Giovedì 9 luglio 2015