Montefiascone | domenica scorsa

Sergio Grasso ospite a Montefiascone

col suo libro "Gli Etruschi tra cultura e cucina"

Nell'ambito di "Primavera in Etruria"presso la Biblioteca Comunale l'evento che ha visto l'antropologo alimentare svelare i segreti della gastronomia etrusca

di Simona Mingolla

Da sinistra: Sergio Grasso, Simona Mingolla e Renato Trapè
Da sinistra: Sergio Grasso, Simona Mingolla e Renato Trapè

Nell'ambito di "Primavera in Etruria" (organizzata dall'Ufficio Cultura, Turismo, Sport, Eventi del Comune di Montefiascone) si è tenuta nella mattinata di domenica 12 aprile, presso la Biblioteca Comunale, la presentazione del libro “Gli Etruschi tra cultura e cucina”. Organizzato con la partecipazione della libreria Novarea di Montefiascone, l'autore Sergio Grasso, antropologo alimentare (o, meglio, “gastrosofo”, ossia cultore e filosofo della cucina) oltre che autore teatrale, doppiatore, regista e giornalista televisivo ne ha illustrato i contenuti, in un'intervista a cura di Simona Mingolla. Presente anche l'assessore alla Cultura di Montefiascone Renato Trapè che ha esordito: «Ho letto questo libro che tratta un argomento di mio interesse e passione e sul quale mi sono documentato con altri autori, ritrovando una sintesi perfetta. Sergio è riuscito a dare un quadro di questa civiltà non pedante, anzi in alcuni passaggi persino divertente, e che conserva il rigore del trattato».

Mingolla: «Ricordo che nei miei testi scolastici si accennava appena alla potente monarchia etrusca, sviluppatasi per molte generazioni: questo ha contribuito ad accrescere quel velo di mistero che da sempre avvolge le origini di questo popolo e tu ci regali una sintesi, magistralmente organizzata, di quanto si conosce e si è dedotto (ma che anche hai dedotto in anni di studio e ricerca), facendo capire i motivi per cui volutamente quel velo di silenzio era stato calato sulla stirpe etrusca degenerando spesso in teorie fantasiose seppur suggestive. Dunque, da dove vengono gli Etruschi?».

«Ci sono varie ipotesi - risponde Grasso - quella che penso sia più credibile parla di una popolazione autoctona, una delle tante stirpi italiche che, ad un certo punto, grazie al commercio dell'ambra, si interfaccia con i Greci. Ha ragione il professor Pallottino, fondatore dell'etruscologia in Italia, quando afferma (in un'epoca, quella fascista, in cui vigeva il mito della romanità che non ammetteva l'origine dei romani da una popolazione venuta da fuori) che non è importante dove nasce una popolazione, ma dove si formano la sua cultura e le sue basi».

Grasso ha illustrato i principi fondamentali ed il modus vivendi di una civiltà di cui l’arte, la religione, i riti e i miti influenzarono Roma fin dalla fondazione: «Romolo tracciò il solco secondo un rituale etrusco, così come etruschi furono gli ultimi tre Re di Roma, artefici di opere imponenti come le Mura Serviane, la Cloaca Maxima, il Foro Boario e il Circo Massimo. I Romani prendono tutto dagli Etruschi, ma poi li cancellano, escluse le necropoli. Il mistero, in realtà, oggi non esiste più». Il percorso di ricerca e ricostruzione attraverso i reperti archeologici, i resti alimentari botanici e animali e anche le raffigurazioni funerarie di banchetti, hanno permesso all'autore di ricostruire idealmente l’ambiente della Tuscia e della Maremma di tremila anni fa per giungere alla lettura di una possibile e probabile struttura alimentare di quell’epoca, per cui alla domanda: "Che cosa mangiò l'Etrusco?".

Grasso replica: «A differenza dei romani, dei quali si hanno dei veri ricettari, non abbiamo nessuna fonte diretta circa la gastronomia degli Etruschi per cui non si può che preparare un'ipotesi di cucina a partire da ciò che c’era in dispensa, e questo lo si può dedurre dall’ambiente e dagli strumenti ritrovati. Mi sono fatto costruire dei tegami di bronzo e terracotta, ed ho eseguito delle preparazioni usando le fonti energetiche che potevano esistere all'epoca in cui erano poche le tecniche di cottura: si usavano due tegole in terracotta, una conca e l’altra piana, venivano create delle fornacelle con tizzoni su cui venivano adagiate padelle in bronzo. Tuttavia, per quanto si tenti le materie prime non saranno mai quelle dell'epoca, per cui quando mi invitano a una cena etrusca, non partecipo poiché è un falso ideologico! ! Meglio parlare di una cena che ricordi gli Etruschi».

Concludendo, gli Etruschi non sono mai morti e ci hanno donato un tesoro inestimabile che narra una storia, la nostra. Questo libro ci può permettere di fare un viaggio a 360° nella cultura di questo popolo oltre che provare e sperimentare alcune possibili preparazioni dell'epoca seppur con i sapori e gusti dei nostri tempi.

Martedì 14 aprile 2015