Viterbo | convegno a viterbo
Perfettamente bio-compatibile, lascia il terreno più fertile di come l’ha trovato. Si può tramutare in calce, in bio mattoni, carta, tessuti, alimenti vari, prodotti per la cura del corpo, bevande energetiche e altro ancora
di Simona Mingola
Si è svolto, con grande partecipazione di pubblico, venerdì scorso il convegno “Canapa: la nuova star della green economy. Memoria, conoscenza, e opportunità della canapa sativa”, organizzato dal comitato per la Promozione Imprenditoria Femminile della Camera di Commercio di Viterbo anche luogo dell'evento. Molti i relatori e gli argomenti trattati: Luigia Melaragni (vicepresidente Camera di Commercio Viterbo), Francesco Monzillo (segretario generale sempre dell'ente camerale) ha parlato di “Canapa e territorio”; Marco Mai di Assocanapa Lazio ha relazionato su “La canapa nel Lazio e il progetto Canapa-Cerveteri”; Rachele Invernizzi (titolare della SouthHemp Tecno, società proprietaria del secondo impianto italiano di prima trasformazione delle paglie di canapa) ha trattato “La filiera della canapa nel sud Italia"; Barbara De Dominicis, di Tessuti Antichi Onlus), ha parlato de “La canapa: le antiche radici di una fibra riscoperta”. Moderatrice dell’incontro è stata Serenella Papalini (presidente Comitato per la Promozione dell’Imprenditoria femminile), che ha coordinato anche gli interventi, nell'ordine: del sindaco Leonardo Michelini, il quale ha ricordato il lavoro svolto un tempo nel centro storico di Viterbo dai “funari”, cioè coloro che facevano le corde con la canapa; del consigliere regionale Riccardo Valentini, che ha presentato una proposta di legge regionale per il ripristino della coltivazione della canapa e alla promozione di progetti di filiera; dell’on. Alessandra Terrosi, relatrice in Commissione Agricoltura della Camera del Disegno di Legge sulla canapa; di Claudio Pomella, presidente di Canapa Live, associazione culturale molto attiva per il rilancio della coltivazione della canapa e promotrice di iniziative di sensibilizzazione, studi e lo stesso progetto di legge regionale; di Ennio Campiglia, docente dell’Università degli studi della Tuscia e considerato uno dei massimi esperti del settore. Presenti anche: il consigliere regionale Enrico Panunzi, gli assessori comunali Giacomo Barelli e Antonio Delli Iaconi, la presidente del Consiglio comunale di Viterbo Maria Rita De Alexandris; la consigliera delegata alle Pari opportunità del Comune di Viterbo Daniela Bizzari.
Qualcuno del pubblico è rimasto deluso dal totale mutismo sul tema della cannabis e della canapa per uso terapeutico, ma questo era ovvio (e così "sgombriamo" il campo su tutta una serie di possibili obiezioni, curiosità o ironie): infatti, la protagonista del convegno era la canapa del genere “sativa” è legale coltivare perché ha un bassissimo contenuto di Thc (la sostanza che rende droga la pianta) a differenza della sua stretta parente “Indica” (più conosciuta come canapa indiana) da cui si ricavano la marijuana e l'hashish e la cui coltivazione in Italia è proibita.
«In un tempo in cui molto spesso è indispensabile inventarsi un lavoro ed esplorare nuove opportunità – ha esordito Serenella Papalini – la canapicoltura, che da sempre è associata al mondo femminile, rappresenta un chiaro esempio di un prodotto abbandonato negli ultimi 50 anni, ma che oggi può costituire una valida e redditizia occasione per nuove attività imprenditoriali. Il nostro Comitato ha voluto organizzare un incontro per comprendere le reali potenzialità che possono derivare alla produzione e trasformazione della canapa e fare il punto sulla realtà nazionale, regionale e locale. Con questo incontro abbiamo veramente gettato le basi per un progetto di sviluppo della canapa sativa nel nostro territorio e, considerando il numero di presenze, dato un segnale importante per l’avanzamento delle leggi in ambito regionale e nazionale». «Nelle imprenditrici c’è voglia di sfide e certamente sapranno cogliere gli stimoli offerti da questa iniziativa - ha continuato Luigia Melaragni - che si pone nel segno della green economy, ovvero di un modello ecosostenibile, che rispetta le vocazioni produttive, la cultura, la qualità dell’ambiente, il paesaggio, la bellezza del territorio quali punti di forza per una crescita duratura».
Francesco Monzillo ha ricordato che: «La canapa per la Tuscia è stata una coltura importante in passato, come testimoniano immagini, documenti, macchinari e arnesi che grazie a questo incontro abbiamo avuto la possibilità di conoscere o riscoprire. Dopo oltre mezzo secolo si affaccia questa opportunità che potrebbe, se accompagnata anche da politiche di filiera territoriale, rivelarsi un’opzione per numerose nostre aziende agricole tenendo conto delle favorevoli caratteristiche climatiche e del suolo».
Della produzione regionale ne ha parlato Marco Mai: «Nel Lazio la superficie coltivata a canapa è di soli 10 ettari e si tratta prevalentemente di colture sperimentali. Tra gli utilizzi più frequenti dalla fibra grezza la bioedilizia e imbottiture, mentre prevale l’uso agroalimentare derivante da semi, olio e farina di canapa. In tal senso stiamo realizzando il progetto Canapa-Cerveteri allo scopo di rilanciare la canapicoltura, la trasformazione e lo sviluppo di nuove filiere locali. Il limite principale rimane l’assenza nel Lazio di un centro di prima trasformazione».
In merito a quest'ultimo punto è intervenuta Rachele Invernizzi, imprenditrice del Salento, che dopo aver illustrato tutte le fasi produttive, peraltro simili a quelle del grano, ha sottolineato che: «La canapa è più delicata, viene alta quasi quattro metri e presenta alcune difficoltà nei processi produttivi... se si decide di diventare canapicoltori la strada è in salita, ma non impossibile. Bisogna procedere con calma: prima si individuiamo le zone adatte e poi si va in sviluppo con i naturali tempi richiesti da questa coltura in modo da vere il massimo rendimento.
Il miglior modo di fare reddito con la canapa è di poterla conferire entro un raggio di 60-80 chilometri dal campo di coltivazione», ma questo ora non è possibile vista la presenza di, oltre il suo, un solo altro impianto si prima trasformazione in Italia. La canapa serve a produrre praticamente qualunque cosa ed è una pianta definita da chi la lavora e la coltiva una sorta di “maiale della botanica”, visto che non si butta via nulla. Perfettamente bio-compatibile, visto che la sua coltivazione non richiede pesticidi e altri fertilizzanti, ma è essa stessa a lasciare il terreno più fertile di come l’ha trovato, si può tramutare in calce, in bio mattoni, carta, tessuti, alimenti vari, prodotti per la cura del corpo, bevande energetiche e molto altro ancora.
«Dobbiamo - conclude la Invernizzi - creare le condizioni per consentire che la canapa diventi una realtà, dando così un aiuto concreto all’agricoltura e all’economia del territorio. Siamo all’inizio di una nuova epoca e dobbiamo tutti collaborare per potenziare un’economia reale e non virtuale».
Sulle possibilità di utilizzo della canapa in ambito tessile si è soffermata Barbara De Dominicis, di Tessuti Antichi Onlus: «Per le sue elevate proprietà di resistenza e isolamento la canapa nel corso dei secoli ha avuto sempre un grande utilizzo, fino al black out degli ultimi decenni. In questi anni c’è stata una riscoperta dell’uso dei tessuti di canapa nel campo dell’abbigliamento, borse e accessori che risultano essere veramente ecologici e la cui materia prima potrebbe essere prodotta in Italia».
Al termine non è mancata una degustazione di prodotti enogastronomici realizzati con l’uso della canapa sativa curata dall’agriristoro “Il calice e la stella” in collaborazione con “L’Etoile di Alice” e il panificio Anselmi.
Lunedì 16 marzo 2015