Tarquinia | «gli accertamenti sono superficiali e insufficienti»

Pecore uccise a Tarquinia, dove sono

le prove che siano stati branchi di lupi?

Se lo chiede Christiana Soccini, responsabile provinciale Lav: «Molto probabile siano stati cani inselvatichiti, ma fa più comodo incolpare i lupi»

Lupo
Lupo

“Strage” di agnelli a Tarquinia da parte di branchi di lupi: la nota di Christiana Soccini, responsabile Lav di Tarquinia, spiega quanto sia difficile individuare con precisione il vero autore del fatto, dal momento che per capire se siano stati davvero lupi oppure cani ci vogliono molto più che testimonianze dei diretti interessati e analisi sommarie sui capi uccisi. Piuttosto è più facile incolpare il lupo, alla luce del fatto che i rimborsi per i danni al bestiame avvengono solo se effettuate da un animale selvatico. Ecco il suo intervento.

Mi sia concesso fare due precisazioni relativamente alle dichiarazioni recentemente pubblicate in merito all’ecologia del lupo ed un paio di considerazioni rispetto ai fatti accaduti nei pressi del Bosco della Turchina.

Anzitutto non avvengono, né sono mai stati effettuati “lanci” di lupi, vipere, orsi, gatti selvatici o di qualunque altro animale selvatico autoctono. La reintroduzione di animali è avvenimento complesso che avviene semmai dopo anni di studi, solo in aree protette e che comunque generalmente difficilmente ottiene successo.

Poi, i lettori devono sapere che in Italia la normativa che regolamenta i rimborsi per i danni al bestiame prevede che si accerti che le predazioni siano state effettuate da un selvatico, un lupo in questo caso, diversamente il rimborso non è erogato.

L’accertamento non viene effettuato da un tecnico faunista specializzato in grandi carnivori ma da una figura sanitaria che, normalmente, non possiede sufficienti conoscenze specifiche, affidandosi alle testimonianze dei pastori, degli agricoltori o ai segni di predazione che però sono difficili da addebitare anche per gli esperti.

Ovviamente le testimonianze di non esperti per la scienza non hanno valore se non come aneddoto. Sarebbe infatti come credere fedelmente che esistano lo Ieti, il basilisco o i vampiri perché qualcuno è certo di averli visti.

Bisogna sapere che discriminare un lupo da un cane che gli assomiglia è pressoché impossibile, tantomeno da chi non ha prove effettive e sufficienti per azzardare una classificazione con una certa sicurezza: fotografie, analisi di laboratorio, fatte, catture (non uccisioni!).

Tra l’altro, l’ibridazione fra lupo e cane in Maremma – secondo i dati emersi nel grossetano grazie al Progetto Liife Ibriwolf e dato l’alto tasso di randagismo - è molto diffusa ed è impossibile per chiunque, zoologi esperti inclusi, distinguerli a vista.

Se a questo aggiungiamo che non esistono sistemi di laboratorio affidabili al 100% che possano affermare, dall’analisi di peli o sangue, se si è in presenza di lupo o cane si comprende come sia impossibile se non tramite cattura affermare con assoluta certezza di essere in presenza di un lupo.

I lupi appenninici poi, è assodato, partoriscono da metà marzo, pertanto in gennaio non ci sono piccoli di lupo, tantomeno in tana ammesso che questa esista.

Viene comunque da chiedersi: le recinzioni in cui vengono confinate solitamente le pecore sono sempre ben chiuse? Nelle reti sussistono varchi non gestiti? Non bisognerebbe garantire la presenza di almeno una persona anche durante le ore notturne come si faceva un tempo?

I lupi poi, si sa, vanno ghiotti, piuttosto, di cinghiali. L’ampliarsi dell’areale del lupo ha seguìto proprio la presenza abbondante e costante dei cinghiali (non originari ed immessi e mantenuti in numero consistente al solo scopo venatorio). Le loro fatte si distinguono da quelle del cane proprio perché sempre ricche di pelo di cinghiale. Ed anche nei lupi viterbesi che frequentano il Comune di Tarquinia queste preferenze alimentari si confermano. Ovvio però che un gregge non adeguatamente custodito sia anche per i lupi un’occasione da non perdere.

Possibile che un intero gruppo di cani da pastore non abbia saputo tenere testa ad un gruppo di lupi? In Abruzzo i cani da gregge sono appositamente addestrati ad affrontare questi predatori e le esperienze degli altri dovrebbero insegnare a tutti per non incorrere in errori grossolani.

Il fatto inoltre che questi cani non abbiano reagito alla Turchina può, tra l’altro, anche lasciar supporre che i predatori fossero cani o ibridi, abbassando il livello di guarda dei cani da pastore.

Inoltre, data l’assenza di politiche locali per la prevenzione del fenomeno randagismo (adozioni da canile, sterilizzazioni a tappeto, controlli su cani da lavoro e domestici, esclusione del rilascio di licenze all’allevamento e vendita di animali domestici, interventi nelle scuole, et c.) sarebbe corretto che i rimborsi per danni da cane o domestico fossero richiesti proprio a questi Enti territoriali, sollecitandoli così ad intervenire preventivamente.

Sugli aspetti etici che si son voluti sollevare nell’articolo non si può che rispondere che un predatore naturale non ha nessuna colpa a nutrirsi secondo la natura. Tutti gli agnelli, inoltre, come qualsiasi cucciolo, quando sono strappati alla madre sono presi dal terrore. Così accade anche quando vengono prelevati dal loro gregge e venduti dall’allevatore.

Occorre allora dire che, peraltro, ogni anno anche nel viterbese arrivano milioni di agnellini stipati alla bell’e meglio su camion provenienti da Paesi esteri lontanissimi. Arrivano stressatissimi, strappati alla madre e condotti ferocemente in un mattatoio dove, se gli va bene, muoiono prima di essere smembrati e scuoiati.

La maggior parte di quello che viene venduto sui banchi italiani come indigeno proviene dall’estero ma la normativa consente di venderlo come italiano.

Una nota sul brigantaggio: i briganti erano ribelli che rifiutavano lo strapotere dei signorotti locali ai cui era consentito di schiavizzare le genti locali. Fatti salvi casi particolari, i briganti possono essere assimilati alla figura retorica di Robin Hood. Essi non atterrivano le genti, bensì i padroni e i loro cicisbei.

Concludo con un repetita: il lupo in Europa ha fortunatamente ormai riconquistato il suo antico areale e, fatti salvi i diffusi casi di ibridazione, anche la Maremma. Purtroppo però questo territorio è rinomato perché rappresenta una delle zone in cui gli episodi di recrudescenza verso il lupo sono molto frequenti rispetto alle altre parti d’Italia.

Nel viterbese persiste fortunatamente una wilderness invidiabile purtroppo non valorizzata con discapito di tutti. Nel comune di Tarquinia sussistono aree boschive – Roccaccia, Turchina, Ancarano - che potrebbero essere convertite interamente a Parco entro il quale avviare attività redditizie di lungo respiro, includendo in esse anche l’osservazione dei selvatici, le attività ecologiche per bambini, il trekking naturalistico, la ricerca e la conservazione scientifica volta soprattutto alla tutela del territorio ma anche all’arricchimento di un’offerta turistica non solo estiva oltre a favorire la creazione di posti di lavoro qualificanti.

Giovedì 15 gennaio 2015