Rifiuti a Graffignano: «Una bomba ecologica»

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Rifiuti a Graffignano: «Una bomba ecologica»

Così Massimiliano Bernini, portavoce alla Camera dei Deputati Movimento 5 stelle: "Depositata in Prefettura di Viterbo la richiesta di intervento statale: ci sono un milione e 400 mila chili di rifiuti miscelati con pericolosi provenienti dal Nord"

di Sabrina Mechella

Massimiliano Bernini
Massimiliano Bernini

Una montagna di rifiuti oleosi sepolti a Graffignano, una bomba ecologica che rischia di esplodere in un territorio che fa parte della Rete Natura 2000 con danni incalcolabili. Questo è l’allarmante scenario prospettato ieri in conferenza stampa a Viterbo da Massimiliano Bernini, portavoce alla Camera dei Deputati del Movimento 5 Stelle. “Proprio stamani, prima di venire qui – ha dichiarato Bernini - abbiamo depositato alla Prefettura di Viterbo la richiesta di intervento statale in merito alla vicenda dei rifiuti pericolosi immessi nelle aree in località Pascolaro e bivio del Pellegrino a Graffignano (Viterbo). Mentre ci si è soffermati inspiegabilmente in via esclusiva sulla attività svolta su delega della Procura di Viterbo e sulla successiva prescrizione dei presunti reati contestati, nulla invece sino ad oggi si è raccontato sull’altrettantograve questione del traffico illecito di rifiuti pericolosi, riguardante la Nuova Esa S.r.l.di Marcon in Veneto, vicenda definita con sentenza passata in giudicato. Secondo quanto emerso dai lavori della Commissione Bicamerale d’Inchiesta sulle attività illecite connesse al ciclo dei rifiuti riguardante la Regione Veneto del giugno 2016 nell’area della provincia viterbese c’è stato uno smaltimento di 1 milione e 400 mila kg di rifiuti (1.400 t) illecitamente miscelati con pericolosi definiti oleosi, inviati ad impianti autorizzati solo per attività di recupero in regime semplificato”. Bernini ha fatto riferimento anche alle dichiarazioni della Prefettura di Viterbo Prefettura di Viterbo in audizione il 20 febbraio 2017 che indica in oltre un milione di euro la spesa ipotizzabile per la sola caratterizzazione dei suoli”.

“Alla luce della presunta inadeguatezza delle misure approvate – ha sottolineato Bernini - si è reso necessario chiedere l’intervento statale. L’area non risulterebbe ancora messa in sicurezza e le somme presumibilmente impegnate dalla Regione Lazio, 500 mila euro circa, in sostituzione dei responsabili, non risulterebbero disponibili, né sufficienti, anche sulla base di quanto esposto dalla Prefettura, a predisporre in urgenza la messa in sicurezza dell’area, esponendo così l’intera collettività ad un presunto rischio sanitario, oltre che ad un possibile grave danno ambientale”

Oltre a questo, ha aggiunto Bernini, si rischia anche di vedersi negare dei fondi vitali dall'Ue: “Ricordiamo inoltre che quanto accaduto potrebbe coinvolgere con effetti diretti ed indiretti anche i siti della Rete Natura 2000. Abbiamo già in atto una procedura d’infrazione europea e in assenza di tutela dei siti potrebbe prospettarsi le perdite dei fondi strutturali ad essa destinati: milioni di euro potrebbero svanire e venire negati da Bruxelles laddove fossero compromessi i territori adiacenti le coltivazioni o le falde acquifere”.

“Ho ritenuto doveroso – ha annunciato Bernini - richiedere l’intervento statale a tutela dell'ambiente e l’avvio senza indugio del relativo procedimento.”Nella denuncia viene chiesto:

- che ai sensi del comma 3, il Ministro dell'Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare valuti le richieste di intervento e le osservazioni afferenti il caso di danno o di minaccia di danno ambientale ed informi senza dilazione il richiedente dei provvedimenti assunti al riguardo;

- ai sensi del comma 4 del medesimo articolo, che il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, nell'urgenza estrema, provveda sul danno denunciato anche prima d'aver risposto al richiedente;

- si è esercitato il diritto di partecipazione al procedimento relativo all'adozione delle misure di precauzione, di prevenzione e/o di ripristino previste;

“Credo che la collettività abbia il diritto di non essere esposta ad eventuali pericoli – ha concluso Bernini - e che la qualità della vita, dell’ambiente e la vocazione agricola di questi territori vadano salvaguardati in via prioritaria. Auspico che questa drammatica vicenda possa essere di esempio nel far rispettare il sacrosanto principio comunitario del “chi inquina paga”.

Venerdì 4 agosto 2017

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